Oakland Traiders

Ecco cosa si cela dietro alle numerose trade dei nero-argento di quest’anno

“Fuori tutto – grandi sconti per rinnovo locali.” Se gli Oakland Raiders fossero un negozio, è facile immaginare che questo sarebbe il cartello appeso in vetrina. Il peccato originale risale a questa estate, quando dopo mesi di stallo la franchigia californiana ha spedito via trade Khalil Mack ai Chicago Bears. Nonostante l’ex DPOY sia sempre stato eccellente nei suoi quattro anni a Oakland, i Raiders hanno giudicato quello di Mack un sacrificio accettabile. I primi exit poll dopo circa due mesi di regular season raccontano una storia diversa. Queste le sue statistiche nelle 6 partite giocate in maglia Bears: 20 placcaggi, 5 sack, 3 passaggi deviati, 1 INT, 1 TD, 4 fumble causati e 1 recuperato. A ulteriore conferma, la difesa sulle corse di Chicago è passata da 11ª a 4ª, mentre quella dei Raiders da 12ª a 27ª. Non a caso, Mack è ad oggi un candidato per l’MVP.

La seconda trade più chiacchierata dell’anno risale a pochi giorni fa, con Amari Cooper mandato dai Raiders ai Dallas Cowboys in cambio di una prima scelta. Cooper, 4 stagioni fra i pro ad appena 24 anni di età, ha fatto vedere lampi di grande talento, seppur frenati da una pericolosa incostanza di prestazioni. Conteggiando le proprie scelte e quelle ricevute da Bears e ‘Boys, i Raiders potranno usufruire di ben cinque prime scelte nei prossimi due draft. Se la stagione finisse oggi, a 1-5 Oakland riceverebbe la 4ª chiamata assoluta – una posizione più in alto di quella con cui nel 2014 i nero-argento selezionarono Mack. E trovare un pass rusher non potrà che essere la priorità del team. Che sia il caso di Nick Bosa? Oltre a questa, riceverebbero l’8aª (via DAL) e la 16ª (via CHI) Trade Khalil Mack Amari Cooperchiamata assoluta. Nel 2020 poi arriverà un’altra prima scelta da Chicago. Un ricco capitale umano, senz’altro utile per ringiovanire il più vecchio roster dell’NFL.

Fra i possibili target con queste scelte potrebbe esserci anche un nuovo QB, visto che la fiducia del team in Derek Carr sembra essere al suo nadir. Dopo un super 2016 in piena lotta per l’MVP, a Carr è stato elargito un ricco contratto da $125M per 5 anni con la certezza che fosse il franchise quarterback del futuro. Complice anche l’infortunio alla gamba, che ha lasciato conseguenze fisiche e mentali, le sue prestazioni sono regredite in maniera palese. Nell’ultimo anno e mezzo ha accumulando 29 TD a fronte di ben 21 INT e 9 fumble persi. Per lui i Raiders potrebbero ottenere un’altra prima scelta da aggiungere al totale, oppure scegliere di tagliarlo in offseason: in quel caso, Oakland risparmierebbe $15M a fronte di uno stipendio di $22.5M. Certo, la O-line è peggiorata e il running game è modesto, ma l’unica realtà che conta è che Carr è pagato come un QB d’élite, ma non sta affatto giocando come tale da troppo tempo.

Se tagliato o tradato, Carr si aggiungerebbe alla lunga lista di giocatori defenestrati dal momento del ritorno in città di Jon Gruden. Per decifrare le motivazioni dietro alle mosse di Gruden, bisogna forse tornare a inizio secolo, quando Gruden indossava il visore dei Tampa Bay Buccaneers. Nonostante il trionfo nel Super Bowl XXXVII al suo primo anno in Florida, molti imputarono a Gruden di aver usufruito del lavoro del predecessore Tony Dungy e quindi di non potersi assumere la piena paternità della vittoria. In tutta risposta, Gruden smantellò quasi pezzo per pezzo il team. A Oakland, Gruden pare che non solo stia recitando lo stesso copione, ma che lo abbia anticipato. Dopo che coach del Rio aveva ridato credibilità ai Raiders, ora Gruden sta ricostruendo il team dalle fondamenta, in modo che non esistano dubbi circa la paternità delle vittorie nei prossimi nove anni a Las Vegas. Ammesso e non concesso che arriveranno.

MVProf

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