Benvenuti da Mack-Donald

‘Vuole anche una Coca insieme ai suoi milioni di dollari?’ (semicit.)

Al di là del gioco di parole, non è del celebre fast food che vogliamo parlare oggi. Anche se di sicuro entrambi i protagonisti di questa storia hanno trovato una gradita sorpresa dentro il loro Happy Meal. Niente macchinine, bambole o pupazzetti, ma cash. Tanto cash. Per primo analizziamo la vicenda di Aaron Donald, DT/DE dei Los Angeles Rams. Il giocatore da Pittsburgh ha dominato fin dal suo arrivo ai Rams come prima scelta nel 2014. Durante i suoi primi quattro anni da pro ha totalizzato 39 sack, 108 quarterback hit e 205 placcaggi, finendo ogni volta la stagione con la convocazione al Pro Bowl. Con numeri del genere e dopo aver ampiamente superato il compenso da rookie, il DE era alla ricerca di una ricca estensione contrattuale. Già nel 2017 aveva scelto di non presentarsi al training camp e saltare addirittura Week 1, ma il suo holdout si era poi interrotto senza novità.

Le sue prestazioni in campo hanno comunque prodotto nuove vette di eccellenza lo scorso anno, come testimoniato dal premio di Defensive Player of the Year. Questa estate Donald ha compiuto la stessa scelta e stavolta i Rams non hanno potuto che rompere il salvadanaio. Nelle lunghe settimane di assenza i segnali erano stati positivi, col GM Les Snead che a inizio agosto aveva commentato come le parti fossero “in the same zip code,” ovvero vicini a trovare un accordo. Il 31 agosto è arrivato l’annuncio. I californiani hanno infatti prolungato il contratto di Donald per altri 6 anni a $135M, con $87M garantiti. Tale cifra supera di molto i $114.5M per cui Von Miller aveva messo la firma nel 2016. Col ritorno di Donald e l’arrivo di Ndamukong Suh, i Rams hanno messo Bears Khalil Mack tradeinsieme la D-line più temibile della lega. Sta ora alle altre squadre inventarsi tutta una serie di aggiustamenti per evitare i loro chili e centimetri.

La vicenda di Khalil Mack, pur partendo da binari paralleli, ha invece seguito un’evoluzione ben diversa. Dopo aver diviso con Donald la stessa rookie class, Mack si è accasato a Oakland dove fin da subito diventa il giocatore di maggior talento della difesa. Al secondo anno ha compiuto il passaggio da LB a DE, dimostrato di saper padroneggiare entrambe le posizioni con ben 15.5 sack a referto. A coronamento di ciò, è diventato il primo giocatore della storia NFL a essere eletto nel First Team All-Pro in entrambi i ruoli nello stesso anno. Nel 2016 ha poi vinto il premio di Defensive Player of the Year. La stagione seguente anche Mack sperava di ottenere l’estensione contrattuale richiesta, ma i ricchi contratti elargiti dai nero-argento a Derek Carr e Gabe Jackson hanno di fatto rimandato il discorso all’estate successiva. “Nessun senso di urgenza,” il commento degli addetti al settore. Come si dice in questi casi, le ultime parole famose.

La situazione prende una svolta improvvisa quando coach Gruden torna ai Raiders: per lui 10 anni di contratto a $100. In estate sembra ancora esserci spazio per un accordo col giocatore, ma i tempi slittano di mese in mese. Mack salta il camp e non riceve comunicazioni da Gruden, cosa che lo irrita. I fan sudano freddo quando leggono che un autista di limousine avrebbe scortato Mack a Detroit per un incontro segreto con i Lions. Una balla, ma non lontana dalla realtà. Il 1 settembre i Chicago Bears ricevono Mack via trade in cambio di due prime scelte, restituendo peraltro nel mentre una seconda. Tempo di arrivare nella Windy City ed ecco il nuovo contrattone, 6 anni a $141M con $90M garantiti. Più di Donald, ma meno di Gruden. Nel non voler scendere a compromessi, “Chucky” ha tentato una mossa old-school alla Belichick, ma senza il suo cachet. I Raiders non sono ancora a Las Vegas, ma questa scommessa sembra davvero un azzardo.

MVProf

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