Toglietemi tutto, ma non il mio Bron

I Lakers sperano di riavere LeBron sul parquet il prima possibile

È stata la sensazione di un *pop* all’inguine quella avvertita da LeBron James prima di finire lungo e steso sul parquet. Era il giorno di Natale, ma quella sera Santa Claus non solo non portò un regalo ai Los Angeles Lakers, ma anzi si riprese il loro giocattolo nuovo appena scartato. La diagnosi parlava di strappo di secondo grado dell’inguine sinistro, con tempi di recupero fra le tre e le sei settimane. Per l’indistruttibile LBJ, presente per il 94% delle partite in 16 anni di carriera, si tratta dell’infortunio più lungo della carriera. Prima di quest’anno, lo stop più significativo era avvenuto fra il 2014 e il 2015 – otto gare nell’arco di due settimane per dolori alla schiena. Come è lecito immaginare, l’assenza del miglior giocatore del pianeta si è fatta sentire. Nella sua seconda vita ai Cleveland Cavaliers, LeBron non è sceso in campo per 26 partite totali e in quel frangente il record dei Cavs è stato di 4 vittorie e 23 sconfitte. Un po’ meglio è andata agli attuali compagni dei Lakers orfani del loro leader, 5 vittorie e 10 sconfitte in contumacia LeBron. Non benissimo, insomma, tanto da mettere in discussione Luke Walton e alimentare voci di un possibile cambio in panchina.

È interessante notare come, se i Cavs erano costruiti con LeBron e tanti tiratori veterani, i Lakers contano invece su uno zoccolo duro di giovani poco propensi al tiro dalla distanza. Eppure, gli exit poll sono i medesimi: senza King James, la vittoria resta un miraggio. Fra le 10 sconfitte di LA, è inaccettabile LeBron James infortunioaver dilapidato un +15 punti nel finale a Sacramento, essere stati affossati a -22 dai Timberwolves e soprattutto aver perso malamente contro Knicks e i Cavs, due squadre che arrivavano da una striscia perdente rispettivamente di 9 e 12 partite. Una teoria del complotto suggerisce che LeBron avrebbe esagerato il suo infortunio per dare ai giovani una chance di mettersi in mostra, soprattutto con un occhio al mercato.

Un upgrade di Lonzo Ball o Brandon Ingram, ad esempio, avrebbe potuto attirare l’interesse ad esempio dei New Orleans Pelicans, proprietari del sogno proibito Anthony Davis. L’unico a salire in cattedra è invece stato Kyle Kuzma, passato da una media da 15.5 a 21.5 punti a partita, compresa un’esplosione da 41 punti in tre quarti contro Detroit. Sebbene questa si fosse configurata fin dall’inizio come una stagione di transizione, al momento i Lakers sarebbero fuori dai playoff. Quattro partite e mezzo la distanza da quel 4° posto scivolato via dal giorno di Natale e appena una gara il vantaggio sull’11° posto. Il ritorno del re, al momento ancora senza una data certa, assicurerà comunque a LA una nuova scalata alla tenace Western Conference. Ma, al contempo, l’infortunio ha creato la prima crepa sulla corazza un tempo impenetrabile del re.

MVProf

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