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Dopo Cleveland, LeBron ritrova Ty Lue sulla panchina dei Lakers

La panchina dei Los Angeles Lakers sta per trovare il suo nuovo head coach. A tre settimane dall’addio di Luke Walton – nel frattempo accasatosi ai Kings – l’LA Times riferisce che i giallo-viola hanno deciso di offrire il posto a Tyronn Lue. Ad appoggiarne la candidatura si vocifera che siano Phil Jackson e Magic Johnson, presidente dimissionario del team, ma ancora in orbita Lakers con un indefinito compito di amico/consigliere di Jeanie Buss. L’endorsement principale giunge però da un’altra fonte, ovvero LeBron James. Dopo Erick Spoelstra, Ty Lue è il coach con cui LBJ ha raggiunto i maggiori successi in carriera, fra cui spicca il titolo del 2016. Alla dirigenza non deve dispiacere nemmeno la sua connessione con LA, franchigia con cui ha vinto due titoli a inizio secolo. Non per niente, questi hanno una tradizione di lungo corso nell’assumere come head coach i suoi ex giocatori, come West, Riley, Magic, Rambis, Scott e appunto Walton.

Per quanto coach Lue goda dell’appoggio di buona parte degli addetti ai lavori, la sua ormai prossima assunzione impone di leggere per intero il foglietto illustrativo. Lue è davvero il miglior coach possibile per i Lakers? Sì e no. Sebbene questa estate sarà caccia grossa a giocatori free agent di grosso calibro, il parco allenatori non è altrettantoLeBron James Tyronn Lue Lakers sfavillante. In queste settimane, il principale sfidante di Lue è stato Monty Williams, che però in queste ore ha scelto di firmare con i Phoenix Suns. Williams, attualmente assistente allenatore a Philly, ha un record di 173-221 (.439) e vanta due sole esperienze di post-season, entrambe conclusesi al primo turno. La lista esaustiva dei papabili allenatori per la panchina di LA era piuttosto underwhelming e comprendeva poi Jason Kidd (di certo NON rimpianto a Milwaukee), Juwan Howard (zero esperienza come head coach) e Mark Jackson (troppo old school per un gruppo con tanti sbarbatelli). In NBA ci sono al momento solo cinque allenatori con pedigree da campioni – Popovich, Spoelstra, Rivers, Carlisle e Kerr – e nessuno di loro è disponibile. Dal canto suo, Lue può vantare di corrisponde a entrambi i criteri di ricerca.

Una delle critiche ricorrenti nei confronti di Lue è di essere considerato un players’ coach, ovvero un allenatore che, per età anagrafica e modi di fare, tende a lasciare ai giocatori un guinzaglio piuttosto lungo. Uno su tutti, ça va sans dire, è proprio LeBron James. Già ai tempi dei Cleveland Cavaliers, Lue era considerato un allenatore-fantoccio messo sul pino dal de facto head coach LeBron. Vera o esagerata che sia questa narrativa, importa relativamente. Nel suo primo anno a LA, King James ha delegato alla dirigenza la scelta di coach, giocatori, trade e filosofia di gioco. Il risultato, in primis proprio a causa del suo stesso infortunio a Natale, è stato un buco nell’acqua. È perciò naturale che per il suo secondo anno LeBron voglia mettere le mani sulle decisioni importanti per ottimizzare gli anni del crepuscolo dell sua titolata carriera. Jeanie avrebbe nutrito dei dubbi nel dare a un sottoposto tale potere, ma le alternative semplicemente non esistevano: dopo sei anni senza playoff, è palese che tutti i piani precedenti sono falliti senza appello. Dare le chiavi a LeBron è l’unica soluzione. Anche se significa tramutare La La Land in Lue Lue Land.

MVProf

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