D’Angelo della morte

La guardia dei Nets è sulla strada giusta per ottenere la meritata rinascita

A tutti piacciono le storie di redenzione. Gli americani, poi, vanno in brodo di giuggiole per queste storie di grande umanità. Quest’anno, non c’è alcun dubbio che colui che meglio ha interpretato la parte del redento nel mondo NBA è stato D’Angelo Russell. La sua ancora giovane carriera fra i pro ha visto abbastanza stravolgimenti da poter diventare un bestseller del New York Times. Solo due anni fa, il giocatore era diventato niente meno che un paria dei circoli NBA. Non si trattava tanto di discutere il suo talento, visto che per l’ex Ohio State i Los Angeles Lakers avevano speso la seconda chiamata assoluta. A rivelarsi quasi fatale fu la bomba giornalistica scoppiatagli in piena faccia per via del suo video che svelava il tradimento del compagno Nick Young nei confronti di Iggy Azalea. Russell, ancora nel suo anno da rookie, fu letteralmente trattato dai compagni come una sorta di intoccabile, perdendo di conseguenza la fiducia del gruppo. Per qualsiasi point guard, una sorta di sentenza di morte sportiva.

A dargli il colpo di grazia furono due leggende Lakers. Prima Kobe Bryant, la cui lunga ombra proiettata dal Farewell Tour oscurò Russell, e poi Magic Johnson. Una delle sue prime operazioni come nuovo presidente dei giallo-viola fu proprio la trade di Russell, giocatore che non corrispondeva ai requisiti del team di un vero leader in spogliatoio e in campo. Così, a giugno 2017, fu spedito ai Brooklyn Nets come “esca” per liberarsi del contrattone di Timofey Mozgov. Di base, quando si parla di Nets e di trade nella stessa frase, raramente i newyorkesi ne escono vincitori. E infatti gli esperti celebrarono in coro la trade come un grande successo per LA. Anche perché, in questa fase della sua storia, Brooklyn rappresentava una sorta di discarica a cielo aperto di casi umani e/o pessimi contratti (vedi appunto Mozgov, oltre che Crabbe, Carroll, Okafor e Bennett). Sotto ogni aspetto tecnico, l’uomo col ghiaccio nelle vene non aveva nulla a che spartire con questa D'Angelo Russell Nets 2019Banda Bassotti. Allo stesso tempo, era tutto da dimostrare lui che potesse essere parte del del rebuilding dei Nets e ancora di più che tale rebuilding sarebbe mai andato in porto.

Come accade nella maggior parte delle trade, bisogna lasciar decantare il liquido prima di giudicare come aceto un ottimo vino. Dopo due anni nella Grande Mela, ora è possibile affermare che D’Angelo è decisamente un’altra persona. E non solo per i litri di inchiostro sulla pelle o l’acconciatura più sbarazzina. Nella stagione in corso, sta viaggiando con medie-record da 21 punti, 7 assist e 4 rimbalzi a partita, il tirando col 43% dal campo e il 37% da tre. Il 2019 si sta fin qui rivelando un anno pieno di soddisfazioni. Prima è arrivata la convocazione per l’All-Star Game, poi ha trascinato da protagonista i Nets ai playoff con prestazioni esaltanti come i 44 punti nella strepitosa rimonta contro i Kings. A rendere il tutto ancora più dolce, è stato proprio Russell il 23 marzo a sancire l’eliminazione aritmetica dei Lakers dalla corsa playoff. Il cambio di passo fra il vecchio e il nuovo Russell sta forse tutto in quella che coach Atkinson chiama “emotional maturity.”

Nessun sentimento di odio o vendetta contro la sua ex squadra, ma solo la consapevolezza che un cambio di scenario era imprescindibile per la sua rinascita. Difficile pensare che ci fosse il margine per crescere così tanto a LA. Così, la trade che poteva essergli fatale si è rivelata, parole sue,“the best thing that happened in my career.” E l’anno è solo all’inizio. D-Lo è in piena corsa per il titolo di Most Improved Player e in estate arriverà il primo vero contratto della carriera. Stando a Hoops Rumors, i Nets potranno offrire alla propria star fino a $157M per i prossimi 5 anni. All’interno di una franchigia con le tasche profonde, con un GM competente, un coach speciale e tanta voglia di riscatto, D-Lo sta avendo la sua meritata rinascita.

MVProf

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