C’eravamo (poco) amati

LeBron e Kyrie sono ai ferri corti e i Cavs rischiano di pagare il prezzo più grande

Alla fine, è arrivato il botto. In un’estate NBA che già per i tanti colpi di scena è stata ben più appassionante delle ultime Finals, un’altra notizia bomba scuote dalle fondamenta l’intero panorama cestistico americano. Secondo quanto annunciato da ESPN, Kyrie Irving, play dei Cleveland Cavaliers, ha espresso il suo desiderio di lasciare l’Ohio e andare a giocare altrove. Tra le motivazioni espresse, la voglia di essere leader della propria squadra e quindi non voler più essere il Robin di LeBron-Batman. Le motivazioni non espresse sono forse ancor più significative. Prima e dopo l’addio del GM Griffin, il nome di Irving era emerso al centro di potenziali trade. Quasi sicuramente era stato inserito in relazione al possibile arrivo di Jimmy Butler da Chicago e/o Paul George da Indiana. Se queste restanoDFSSgp_VwAERCaD speculazioni, è quasi ufficiale che il #2 sia stato proposto ai New York Knicks all’interno di una trade a tre. I Cavs avrebbero ricevuto Carmelo Anthony ed Eric Bledsoe, i Suns Kevin Love e Frank Ntilikina e i Knicks Tyson Chandler e appunto Irving. In questo caso, al giocatore non sarebbe andato giù di non essere considerato un giocatore inamovibile all’interno della franchigia. A quel punto la sua reazione è stata chiara: non siete voi che decidete di lasciare me, sono io che lascio voi. Insomma, una rottura preventiva, che va sempre più nella direzione intrapresa dalle stelle della NBA di scegliere il proprio destino e non essere barattato come bestiame. Secondariamente, Irving potrebbe aver seguito la stagione di Russell Westbrook da vicino e con molto interesse, avendo intravisto molte similarità. Brodie, un tempo la spalla di KD, ha vissuto la stagione migliore della sua carriera nel ruolo di primadonna, coronata col titolo di MVP. Allo stesso tempo, non è un segreto che Irving sia un gran fan di Kobe, a sua volta uno che a suo tempo fu insoddisfatto nel suo ruolo di spalla del dominante Shaq. Facile quindi immaginare che Irving si sia sentito ancor più tentato di provare l’esperienza da solista, peraltro nell’anno in cui si è conquistato la copertina del videogioco NBA 2K18.

Il peccato originale, però, va ricercato più indietro negli almanacchi sportivi. Il 1° luglio 2014 Irving e i Cavs rinnovarono di comune accordo il loro matrimonio, stilando un nuovo contratto: per il play per 5 anni e $90M fino al 2020. Undici giorni dopo con un’intervista a Lee Jenkins per Sports Illustrated, LeBron James comunicò al mondo una notizia-bomba sulle note dei Diddy – Dirty Money. “I’m coming home.” A Cleveland rimasero – se possibile – ancor più scioccati di quando LeBron fece le valigie per Miami. Nel mentre, infatti, col rinnovo di Irving, il rookie Andrew Wiggins fresco di chiamata e coach Blatt al timone, i Cavs si preparavano ad un’onesta stagione pur senza grosse aspirazioni. LBJ sparigliò le carte e in breve Wiggins fu scambiato con Love, Blatt con Lue e Irving, da pietra angolare del team, prese posto sul lato passeggero del sidecar. Non un compromesso scomodissimo in linea di massima: con LeBron dal lato guidatore, i Cavs hanno centrato tre finali in tre anni. In confronto, nei tre anni senza LBJ in cui Irving era il centro di gravità del team, i Cavs hanno accumulato un record di 78 W e 152 L, pari ad una percentuale di vittorie del 34%. Grazie al ritorno del Prescelto, i Cavs sono arrivati al tanto agognato anello nel 2016, un traguardo che nessuna incarnazione possibile dei Cavs sans LeBron avrebbe nemmeno avuto la decenza di sognarsi di accarezzare. Ma proprio ora, dopo anni di successi e di compromessi, quel pensiero lasciato in un cassetto della propria mente ora pare tornato d’attualità. Come anche d’attualità e assolutamente pertinente alla decisione di Irving è l’offseason dei Cavs. Di solito, le squadre che arrivano ad un passo (per quanto lunghetto) dal titolo necessitano solo di un paio ritocchi al roster per ritentare la sorte l’anno dopo. Invece che seguire il piano consueto, a Cleveland la situazione è passata da quieta a, come dicono in America, spazzatura fumante. Nell’ultimo mese il GM Griffin ha lasciato, PG13 e Butler sono sfumati, Billups ha rifiutato il posto da GM, LeBron sembra sempre più lontano e ora con Kyrie è avvenuta una spaccatura profonda nello spogliatoio.

Kyrie, dal canto suo, non va biasimato per aver deciso di porsi in una situazione di forza, a fronte dell’incertezza rappresentata dal futuro dei Cavs. Con la possibilità da parte di LeBron di uscire dal contratto l’estate prossima (e tutti i segnali puntano in questa direzione), Irving ha deciso di anticipare le mosse del compagno di squadra e sistemare il suo futuro senza rischiare di rimanere con la pagliuzza più corta in mano. È realistico pensare che più o meno direttamente abbia confrontato LeBron, chiedendogli: “Che fai l’estate prossima?” Al probabile “boh” ricevuto in risposta, Irving deve aver fatto due conti. Secondo alcuni, a Kyrie converrebbe mantenere la sua posizione. In altre parole, contare sul fatto che, se kyrie-irving-has-a-great-perspective-on-how-crazy-the-transition-to-the-nba-is-for-young-players.jpgLeBron resta, i Cavs rimangono perenni candidati al titolo; se lascia, Irving avrà comunque in mano la squadra. Il ragionamento fatto dal giocatore, invece, pare essere stato più su termini diametralmente opposti. “Opzione 1: LeBron resta e io continuo ad esistere nel mio ruolo di maschio beta. Opzione 2: LeBron va via e lascia dietro le macerie, ossia un cap alle stelle e una serie di giocatori che si confanno al suo modo di giocare, ma non al mio.” Insomma, a prescindere per Kyrie ad attenderlo c’era una situazione per lui non del tutto ideale. Per questo, l’uomo noto anche con lo pseudonimo di Uncle Drew si è rivolto al management dei Cavs (di questi tempi concetto ancora piuttosto fumoso) e ha messo le carte in tavola. Secondo le indiscrezioni che in questi giorni si susseguono febbrili, LeBron sarebbe stato preso alla sprovvista dalla notizia che, per almeno una settimana tenuta da tutte le parti in causa sotto segreto, sarebbe da lui stata divulgata per esporre il compagno. Per aggiungere benzina sul fuoco, Stephen A. Smith di ESPN ha riportato che LeBron avrebbe affermato al suo clan la sua gran voglia di “spaccare il culo a Kyrie” dopo questo voltafaccia e per averlo fatto passare per un cattivo compagno di squadra. Il che avrebbe fatto infuriare non poco Kyrie. Insomma, fra i due è guerra fredda, a voler minimizzare le cose.

Alcuni incolpano LeBron di essere un compagno non ideale, ingombrante e spesso freddo nel muovere giocatori come pedoni della sua personale scacchiera, di cui lui è il re assoluto. La maggioranza, tuttavia, ha fatto notare che giocare insieme a LBJ non deve essere poi la cosa peggiore di questo mondo, in linea di massima. Stando a ESPN, durante la scorsa stagione la Net Efficiency (ossia punti segnati meno punti concessi su 100 possessi) dei Cavs con LeBron e Irving sul parquet allo stesso tempo era +9, la seconda più alta della lega. Col solo King James in campo, un rispettabilissimo +4.6, ma solo con Irving -8, la più bassa della lega. Il che depone ulteriormente contro la tesi del play ex Duke di poter essere uomo franchigia in un contesto vincente. Seppure, di nuovo, i giocatori che si trovano sul parquet con lui sono più funzionale ad un gioco perimetrale come quello di LBJ, si tratta pur sempre di un roster che da tre anni consecutivi arriva in finale. Eppure, questo non intacca la statura cestistica di Irving, che era e resta un ottimo giocatore. Ball handling ed esplosività al ferro sono le sue carte vincenti e in quello pochi possono dirsi suoi pari. Ma come prima opzione offensiva? Dando un rapido sguardo ai pari ruolo nelle altre franchigie NBA, gli sono superiori di una spanna o due giocatori come Steph Curry e Westbrook. Chris Paul e John Wall sono forse meno esplosivi in attacco, ma di molto migliori in difesa. Irving somiglia più al primo Derrick Rose, ossia giocatore esplosivo al ferro, ma che non fa di assist e difesa esattamente i suoi punti forti o ai contemporanei come Damian Lillard o, in misura minore, Isaiah Thomas. A livello collettivo, Kyrie segue poi con distacco LBJ, Durant, Kawhi, Harden, PG13, Butler, Davis e Klay. Come futuribilità, Giannis e Towns sono altri due nomi non troppo lontano da lui. Si può dire che Irving pedali all’interno di un gruppo di giocatori come Cousins, Hayward, Green, ‘Melo e Wade, ossia giocatori che per motivi vari non verrebbero scelti davanti a lui, ma che di serata in serata possono essere produttivi tanto quanto lui. Nell’ultima classifica stilata da SI.com, non a caso Irving occupava l’ultimo posto della top-25 dei migliori giocatori NBA.

Cosa fare dunque di Kyrie? Il giocatore, sempre secondo quanto fatto trapelare, avrebbe dettato quattro squadre come destinazioni preferite: Spurs, Knicks, Heat e T-Wolves. Noi vogliamo però fornire uno scenario alternativo molto suggestivo. In un articolo precedente, qui a C3S si era teorizzato che LBJ avesse in testa il piano di riunire almeno 3/4 degli amici della Banana Boat, ossia Anthony e Wade con lui a Cleveland. Nonostante movimenti di giocatori così di peso siano subordinati ad una stabilità societaria che ai Cavs ora manca del tutto, paradossalmente lo schiaffo di Irving a LeBron faciliterebbe la clamorosa trade. I Cavs riceverebbero ‘Melo e Wade, i Bulls Kevin Love e i Knicks Kyrie Irving. La trade Schermata 2017-07-26 alle 00.43.49.pngmachine di ESPN conferma la regolarità dei parametri di suddetta trade. I Cavs si trovano ora in una situazione potenzialmente esplosiva. Cleveland rischia seriamente di veder partire quest’estate Kyrie, la prossima LeBron e, con questo andamento, forse pure la franchigia entro una decina d’anni. Irving è fiorito fino al punto di diventare uno dei più grandi talenti della lega anche grazie al ruolo di mentore di LeBron. Ma non solo sul campo. Da bravo allievo, Kyrie ha recepito la lezione nel suo insieme fin troppo bene: identifica quello che vuoi e vattelo a prendere, senza lasciare che niente si frapponga fra te e i tuoi sogni. Ora, però, quello che si frappone fra Irving e i suoi sogni si chiama LeBron e la richiesta di indipendenza di Irving potrebbe costargli cara nel suo inseguimento alla leggenda di MJ. Più che Batman e Robin, sembra di rivedere la scena finale di Star Wars III, col duello fra il maestro jedi Obi-Wan e l’ormai ex padawan Anakin. Nessuno dei due è davvero il cattivo, ma, come nel film della saga di Lucas, diversi interessi implicano che qualcuno finirà per rimanere scottato.

MVProf

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