Kaep Doing it

La nuova campagna di Nike vede Kaepernick fra i protagonisti

I’m Lovin’ It (McDonald’s). Red Bull Gives You Wiiiings! (Red Bull). Think Different (Apple). Dietro ogni grande compagnia, c’è un grande slogan. Non fa eccezione Nike, che proprio quest’anno celebra il 30° anniversario dalla nascita del celebre slogan Just Do It. È un motto che comunica tenacia, voglia di farcela a dispetto delle probabilità a sfavore e senza accampare scuse. Detto all’italiana, fallo e basta. Dal 1988 questo slogan ha accompagnato campagne pubblicitarie con protagonisti gli sportivi più famosi del pianeta. Da Jordan a Ronaldinho, passando per Federer e Tiger, tanti hanno prestato il loro volto a Nike. Nel 2018 il messaggio non è cambiato, ma lo hanno fatto i suoi ambasciatori.

Con la nuova campagna pubblicitaria, la spinta del Just Do It sembra trascendere i confini del mondo dello sport. Questo perché fra i portavoce scelti dalla compagnia per il trentennale ci sono sì atleti, ma ancor prima persone con un lato umano preponderante. Serena Williams, una favolosa tennista che fra mille dubbi sta imparando a bilanciare una carriera stellare col ruolo di neomamma. Shaquem Griffin, un ragazzo privo di una mano a causa di una malformazione che è riuscito ad arrivare in NFL. E soprattutto Colin Kaepernick, un giocatore che ha rinunciato alla sua carriera da quarterback in nome di un ideale di giustizia sociale. Tre storie forti, umane e Colin Kaepernick Man of the Year GQdall’alto coefficiente di empatia. Ma non per tutti.

La presenza di Kap è infatti rimasta indigesta ad una fetta degli Stati Uniti, quella più conservatrice e col cappellino MAGA in testa. La loro risposta è stata quella di dar letteralmente fuoco alle loro scarpe Nike. Operazione di distruzione peraltro simile a quella già condotta in passato con le Keurig, le macchine del caffè “dei liberal,” o con le maglie dei giocatori che hanno cambiato squadra. Ora come allora, distruggere un prodotto già acquistato non danneggia nessuno se non il proprietario del bene stesso. In più, il fatto di riprendere tutto con lo smartphone per poi caricare il video online banalizza il tutto come mera trovata per acchiappare click e mi piace. Niente di diverso dalla Kiki Challenge, a ben vedere.

La campagna Nike ha monopolizzato le news nelle ultime ore e già questo non poteva che essere uno degli obiettivi. L’azienda dello Swoosh non è nuova a compagne coraggiose e spesso controverse, ma definire la scelta di Kap un totale azzardo è eccessivo. Certo, qualche paio di sneaker è finito in fumo, ma è logico pensare che la Nike abbia compiuto una serie di analisi meticolose per capire la commerciabilità dell’ex QB dei 49ers. A dar loro una mano è forse stata anche la catena Papa John’s, la cui avversione a Kap è costata all’ex CEO Schnatter la sua stessa azienda. Al contrario, Nike conta di rovesciare l’assunto che associare il proprio nome a quello del paria Kaepernick sia pessimo per gli affari.

Perché, alla fine, sempre di capitalismo si tratta. Con buona pace di chi, forse giustamente, ha puntato il dito sullo stridente contrasto fra la posizione tanto progressista di Nike e il suo recente passato legato a lavoro minorile e moderna schiavitù. O di quello fra l’idea di sacrificio totale del giocatore e susseguente ricco contratto di sponsorizzazione. Mai come in questo caso vale l’antico adagio che suggerisce di dar peso al messaggio senza condannare il messaggero. E pazienza se ciò avverrà al suono del cha-ching dei registratori di cassa invece che nei simposi filosofici. Ciò che importa è che l’appoggio di un colosso come Nike renderà universale la causa di Kap e credere nella giustizia sociale diventerà cool come i gadget Nike. A ben vedere, comunque non è più ironico di un Che Guevara ora visto più come icona del marketing che come rivoluzionario. Kap ha messo tutto se stesso nella sua causa e il motto a lui associato lo inquadra alla perfezione. Believe in something. Even if it means sacrificing everything. Chi meglio di lui poteva rappresentare lo slogan Just Do It? Quando c’era tutto da rischiare, Kap lo ha fatto. Lo ha fatto e basta.

MVProf

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