Hit Hard

-Giochi bene a football? -Sì. -Sei un violento? -Sì. -Vabbè, però hai detto che sei bravo a football, no?

Il 18 dicembre è stato reso pubblico un video di sorveglianza che mostra Joe Mixon, running back fra i giocatori di punta degli Oklahoma Sooners, colpire con un pugno in pieno viso una ragazza, Amelia Molitor, e abbandonare il locale in questione subito dopo. Questo il video:

I fatti si riferiscono a più di due anni fa, precisamente al 25 luglio 2014, e sono accaduti al Pickleman’s Cafe di Norman, OK, città dove ha appunto sede il campus della OU. Quello che il video non mostra sono le conseguenze e – se possibile più gravi – gli antefatti. In seguito al pugno e alla testata sul tavolo, la Molitor si è fratturata quattro ossa facciali e le è stata bloccata la mandibola, costringendola a sei mesi di insensibilità sul lato sinistro della faccia e ad una dieta liquida obbligata. Mixon (che si è pubblicamente scusato con la Molitor, la famiglia, gli amici, la scuola e la squadra di football) è stato arrestato e condannato ad un anno di libertà condizionata, 100 ore di servizi per la comunità e terapia per correggere i suoi problemi comportamentali. Per quanto riguarda le soluzioni interne della scuola, è stato sospeso per un anno intero dal programma di football, che per i Sooners si concluse con la rovinosa sconfitta al Russell Athletic Bowl contro i Clemson Tigers  a Orlando.

Come detto, per comprendere appieno il quadro generale, bisogna riavvolgere il nastro a prima dell’ingresso al locale. Mixon, insieme ad alcuni amici, avrebbe cominciato a stuzzicare la Molitor e un suo amico gay, stando a quanto riportato dalle fonti. A quel punto questi ultimi avrebbero preferito cercare rifugio nel bar per evitare guai peggiori; stando alla versione3B74A58B00000578-4042954-image-m-71_1481947522933.jpg di Mixon, tuttavia, prima di andarsene la Molitor avrebbe intenzionalmente soffiato il fumo della sua sigaretta in faccia a Mixon per provocarlo. Sempre stando alla versione del giocatore, Mixon li avrebbe seguiti nel locale non per cercare un confronto, ma per ammonirla di non avere problemi con lei e per dirle che “si stava comportando da pazza.” A quel punto, il ragazzo gay amico della Molitor avrebbe insultato Mixon con un grave epiteto razzista, al quale egli avrebbe replicato con un altrettanto grave epiteto omofobo. A quel punto Mixon ha dichiarato – e le immagini sembrano confermarlo – che lui avrebbe fatto per andarsene, quando la ragazza si è lanciata verso Mixon, forse in difesa dell’amico insultato. La Molitor ha quindi spinto a due mani e a piena forza il giocatore, che ha inizialmente reagito facendosi avanti col busto, come per intimidirla; in tutta risposta, la Monitor ha schiffeggiato Mixon, che in un istante ha contrattaccato colpendola con un pugno. Le conseguenze del suo pugno sono già state elencate.

Esposti i fatti, è ora il tempo delle riflessioni. Il motivo per cui Mixon attraverso i suoi avvocati ha deciso di rendere pubblico il video, ufficialmente, è per mettere fine a questa sgradevole situazione, ma il tempismo è quantomeno sospetto. In primo luogo, la Corte Suprema dello stato dell’Oklahoma aveva appena ordinato che tale video fosse reso pubblico e inoltre questo ha evitato una manipolazione delle immagini, che sarebbero potute essere pubblicate a pochi giorni o ore dal Sugar Bowl del 2 gennaio che i Sooner di Mixon giocheranno contro gli Auburn Tigers e che avrebbero potuto destabilizzare l’ambiente e l’esito della partita. D’altro canto, la Molitor, attraverso i suoi avvocati, si era detta contraria alla diffusione delle immagini, ufficialmente per non essere al centro di un “sensazionalismo mediatico” e – affermazione curiosa – perché esso non raccontava la totale verità della vicenda.

Ciò è appunto curioso poiché il video è assai crudo ed esplicito, ma l’affermazione della Molitor suggerisce che il suo disagio provenga forse prima di tutto dalla consapevolezza che le sue azioni (al limite delle provoc-azioni) potrebbero spostare lontano da lei l’opinione pubblica, come anche quella della giuria della causa civile ancora in atto. Tastando il polso del web, infatti, ci si accorge che una rumorosa maggioranza degli utenti si è schierato contro la Molitor, commentando che era diritto di Mixon difendersi dall’aggressione della ragazza, 3B74A45400000578-4042954-image-m-49_1481945553126.jpgla prima a colpire non solo una, ma due volte. Quasi ad aggiungere insulto al danno, un altro tipo di commento a riguardo va a toccare il tema del femminismo, insistendo che, se è vero che le donne hanno voluto la parità dei sessi, devono accettarne le conseguenze in toto, positive o negative, senza poi lamentarsi.

Se questo vi sembra un commento da uomo della strada, forse può sorprendere che questa sia anche la linea della difesa degli avvocati di Mixon, che hanno affermato il suo diritto di “rispondere a un pugno con un altro pugno.” Inoltre, proseguono, nonostante le “implicazioni cavalleresche” in base a cui un uomo non dovrebbe colpire una donna, se è vero che lady justice regge bendata la bilancia della giustizia, ella non dovrebbe fare distinzioni per sesso e colore della pelle. Un detective della polizia ha sollevato quella che è, in fin dei conti, il punto focale della vicenda: la reazione di Mixon, per i suoi avvocati del tutto lecita – e addirittura quasi femminista, stando alle loro parole – è provenuta da un giocatore di football di 1.88m per 100kg, diretta verso una ragazza di 1.70m per 59kg. Il che, vista la clamorosa disparità di misure, rende quantomeno difficile dar fede alla testimonianza di Mixon, che agli inquirenti ha raccontato che il colpo ricevuto è stato “talmente forte da essergli sembrato proveniente da un uomo” e che questo abbia in qualche modo innescato una reazione di difesa istintiva che lo ha portato a colpire la ragazza. Non esattamente la prima volta che si vuol far passare qualcuno da vittima a colpevole. Questa la dichiarazione integrale:

The gay dude…he called me something. He was like [expletive]. So then I was like, you got me messed up. And then I called him a [expletive]. And after that, the girl, she dropped her purse, that’s when she came in my face, pushed me, and then my glasses came off, and then, like, I had, like, jumped at her, like, to watch out. And then she came in my face. I put my head down. And she swung on me. And after that, like, I was so shocked, because she hit me so hard. It felt like a dude hit me. And after that, like, my face went boom, my reaction was just right there.

Insomma, un po’ come se andare ad un duello con un cacciavite contro uno armato di 44 Magnum giustifichi l’essere crivellati: al massimo si potrà parlare di poca lungimiranza o noncuranza, ma la reazione del giocatore è del tutto sproporzionata all’offesa subita e alla taglia della persona coinvolta. L’affaire Mixon è quantomai importante perché si inserisce in un periodo di particolare controversia per quanto riguarda la violenza sulle donne da parte di giocatori, in particolare di football. Nei mesi scorsi è emersa la brilessconcertante vicenda delle aggressioni sessuali da parte di alcuni membri della squadra di football della Baylor University nei confronti di diverse ragazze dell’ateneo texano. Un’inchiesta indipendente è stata fatta partire dai fatti relativi all’agosto del 2015, quando il giocatore dei Baylor Bears Sam Ukwuachu (già cacciato da Boise State per un incidente simile) è stato arrestato per violenza sessuale. Il caso ha aperto un vero e proprio vaso di Pandora, che ha dimostrato che l’università per anni ha “o mancato di investigare, o lo ha fatto in maniera non adeguata, relativamente alle accuse di violenza sessuale, [oltre a] non provvedere supporto alle vittime di violenza.” Questi ritardi o mancanza di investigazioni e/o sanzioni da parte di Baylor vanno contro la legge federale degli Stati Uniti d’America, che richiede azione immediata da parte delle scuole in casi di denuncia di violenza sessuale.

La vicenda è terminata col licenziamento dell’allenatore della squadra di football da otto stagioni, Art Briles, reo di non aver comminato in molti casi la seppur minima sanzione ai giocatori coinvolti, poiché funzionali ai suoi successi sul campo. Oltre a lui, ulteriori sanzioni sono state annunciate verso altri personaggi coinvolti, come il direttore atletico Ian McCaw e Ken Starr. Quest’ultimo, allontanato dal suo ruolo di presidente e cancelliere di Baylor, era stato inizialmente “riciclato” all’interno della facoltà di legge della stessa università, salvo poi dimettersi poco dopo, evidentemente per forti pressioni ricevute. Per gli amanti dei corsi e ricorsi storici, Starr fu uno dei legali che premettero maggiormente per l’impeachment di Bill Clinton per… le sue scappatelle. Se la gravità dei fatti fosse inferiore, ci sarebbe da sorridere per l’ironica sorte capitata a di chi tentò di cacciare un presidente per i suoi atti sessuali, ma si è poi rivelato assai meno zelante, da presidente a sua volta, nel denunciare dei giocatori di football universitario qualunque.

Passando a storie legate agli atleti professionisti, numerosi sono i casi di giocatori noti finiti al centro di polemiche per molestie, maltrattamenti e violenza sessuale. Vengono alla mente Johnny Manziel (per il quale le violenze sulle donne sono “solo” uno dei mille demoni che lo attanagliano), Josh Brown (se ne parlò qua nel primo paragrafo) e Greg Hardy, solo per restare nell’ultimo anno. Ma il paragone realmente più attuabile con Mixon è quello con Ray Rice. Infatti,Ray-Rice-and-Wife-Janay-Palmer-Rice-in-2014-750x522-1462202382.jpg anche per l’ex RB dei Baltimore Ravens ad inasprire la severità con cui venne giudicato e condannato dall’opinione pubblica fu la presenza di un video di sorveglianza, stavolta proveniente da un hotel, in cui si vedeva il giocatore colpire la fidanzata (ora moglie) Janay con un un pugno e poi trascinarla per i capelli nel corridoio. La punizione iniziale della lega (due partite di stop) cambiò dopo che TMZ fece emergere le immagini del filmato: come per magia, l’NFL (aka il commissioner Roger Goodell) mutò la pena a sospensione a tempo indeterminato, con conseguente taglio da parte dei Ravens. Come nel caso di Mixon, il filmato fece molta differenza negli occhi dell’opinione pubblica e ciò comportò una modifica della sanzione inflitta: ad oggi quel video rappresenta una svolta, un caso clamoroso che ha fatto giurisprudenza come pochi altri. Allo stesso modo, dopo aver esaminato il video di Mixon, il coach dei Sooners Bob Stoops ha affermato che la giusta punizione per il suo atleta sarebbe stata l’espulsione dalla squadra, non un semplice anno di stop con borsa di studio pagata dall’ateneo. E non solo perché le immagini hanno un peso specifico maggiore del semplice apprendere i fatti da un rapporto di polizia, ma anche perché proprio il caso di Rice ha insegnato che l’evoluzione della società moderna richiede un prezzo più alto da pagare rispetto a prima, in base a standard comportamentali più elevati. Vero è anche che la NCAA – a differenza della NFL (ma lungi dall’ergere quest’ultima come modello di virtù) – lascia molta, troppa libertà alle singole università di risolvere questo tipo di problemi, mentre è assai più puntuale nel vietare categoricamente ogni guadagno economico agli atleti, a fronte di entrate miliardarie per le università.

La dura verità è che Lady Justice si è tolta la benda; ma l’ancor più dura verità, quella che nessuno vuole ammettere, è la seguente: gli interessi delle istituzioni che si servono dei giocatori coinvolti in casi analoghi determinano l’esito di questi processi. Qui ci limitiamo, per esigenze di spazio, a tre casi di violenza sulle donne, ma ci sarebbero da aggiungere i casi di violenza contro gli animali, i familiari, gli sconosciuti, i propri compagni di squadra, ecc…

Caso #1: Greg Hardy. La sua condanna per violenza nei confronti dell’ex fidanzata gli costò 10 partite di squalifica (poi ridotte a 4) e il posto nei Carolina Panthers. Fu subito amorevolmente raccolto dal marciapiede dai Dallas Cowboys di Jerry Jones. Dopo un buon avvio di stagione a Dallas, le sue prestazioni calarono e non gli fu rinnovato il contratto. Ad oggi, l’ex defensive end ha espresso la volontà di intraprendere una carriera in MMA.

Caso #2: Ray Rice. Oltre a quanto già detto, vale la pena sottolineare il calo delle sue prestazioni sul campo: a 26 anni e dopo 6 stagioni in NFL, i suoi numeri nel 2013 erano in vistoso calo, essendo passato nel giro di un solo anno da 1,143 yard a quasi la metà, 660. Stesso dicasi per yard di media (da 4.4 a 3.1), TD (da 9 a 4) e fumble persi (da 0 a 2). Recenti studi hanno dimostrato che verso l’età di Rice il rendimento medio dei running back inizia un rapido declino. Dal suo rilascio, nessun team ha espresso il desiderio di firmarlo.

Caso #3: Joe Mixon. Troppo presto per capire come reagiranno i team NFL a suo riguardo, ma questi i suoi numeri l’anno passato: career-high 1,183 yard e 8 touchdown, per di più in coabitazione con Samaje Perine, in realtà il RB più talentuoso dei Sooners. Il talento c’è. Il caso ricorda da vicino quello di Tyreek Hill: al college il giocatore fu arrestato nel dicembre 2014 per violenza domestica e tentato strangolamento della fidanzata incinta. Oklahoma State, per cui Hill giocava, lo cacciò via e Hill dovette andare alla meno quotata West Alabama per rilanciare le proprie quotazioni. Ad oggi Hill gioca per i Kansas City Chiefs e le suo giocate elettrizzanti sembrano aver fatto dimenticare a tutti i suoi guai con la giustizia.

Qual è il punto? Riassumendo, mentre i Panthers hanno deciso di lasciar andare Hardy per questioni etiche (ma essendo FA, anche economiche), i Cowboys hanno valutato il suo talento sopra i suoi problemi personali e legali; notato però che il rendimento non era commisurato al bagaglio di problemi, Hardy è stato spedito nel dimenticatoio senza troppi complimenti. Da Rice, invece, è stato più facile separarsi, visto il drastico calo delle sue prestazioni, che potevano solo andare a peggiorare in futuro. Mixon, invece, è stato considerato un membro troppo prezioso dei Sooners per potersene separare. Se è vero che in NFL metà dei team non vuole averci a che fare in futuro, ciò lascia la porta aperta a 16 GM che possono intravedere un talento da allevare a dispetto dei suoi noti problemi. In fondo, a Hill ne è bastato solo uno, il GM di KC John Dorsey, per ricevere la sua chance di redimersi. Ma quante persone “normali” avrebbero avuto questo tipo di occasione dopo aver messo le mani al collo di una donna incinta? Ma c’è un problema intrinseco con tutti i Mixon di questo paese. Il football è un gioco di violenza e di istinti, la trasposizione moderna dei giochi gladiatori dell’antica Roma. Per la sua stessa natura, esso richiede la capacità di infliggere danni ingenti all’avversario per essere giocato ad alti livelli. Per certi giovani atleti può essere oltremodo complesso discernere fra quando placcare un avversario e quando ricorrere alla non-violenza. Ma ecco il morale della favola. Finché qualcuno in posizione di potere vedrà la possibilità di sfruttare (parola-chiave) le prestazioni atletiche di persone – prima che giocatori – con gravi problemi comportamentali e/o deciderà la severità della sanzione in base alle prestazioni sportive dell’accusato, il problema resterà irrisolto. Il giorno in cui si smetterà di focalizzarsi primariamente sulla violenza contro le donne o di discutere in modo pignolo – e francamente inconcludente – su chi abbia colpito o provocato chi, quali siano le razze, i ceti sociali o le statistiche con un pallone delle persone coinvolte, allora si potrà cominciare a parlare di isolare e curare elementi inclini alla violenza di ogni tipo. Solo allora si sarà finalmente girata la pagina e iniziato un nuovo capitolo su una pagina immacolata.

MVProf

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *