La legge del 3

Dopo 16 stagioni cala il sipario sulla leggendaria carriera di Dwyane Wade

Esiste un principio che suggerisce che collegare una serie di tre eventi o personaggi risulti per lo spettatore più soddisfacente ed efficace rispetto ad altre combinazioni di numeri. Non per niente, fu Aristotele a teorizzare la struttura in tre atti che ancora oggi guida cinema e teatro. In questo caso, la legge del 3 è il fil rouge che collega la straordinaria carriera di Dwyane Wade, il fondatore e presidente di Wade County.

CAPITOLO 1: FLASH

Il primo capitolo ha origine nel 2003, quando un ragazzo magrolino da Marquette viene selezionato con la quinta chiamata dai Miami Heat all’interno di un draft che trasuda leggenda. Al primo anno sono subito playoff. Dategliene tre, e porterà Miami più alto di tutti. Nel 2006, infatti, gli Heat trionfano sui Dallas Mavericks grazie a un Wade sulle cui prestazioni si è detto e scritto molto, ma mai abbastanza. In svantaggio per 0-2, nelle quattro partite successive Wade mantiene medie di 39.3 punti, 8.3 rimbalzi, 3.5 assist, 2.5 rubate e una stoppata, il tutto tirando col 52% dal campo e ben 18.3 tiri liberi a partita derivanti della patentata e letale pump fake. In tempi moderni, è l’unico in grado di vincere il titolo con un one-man show di questa portata. Il 2009 l’uomo noto come Flash vive poi la miglior stagione della carriera a livello personale. A contribuire alla lista sono partite insensate come quella contro i New York Knicks di un giovane Danilo Gallinari che lo colpisce per errore al labbro e scatena Kraken che c’è in lui. Altrettanto storica la tripla allo scadere del “This Is My House” game. I 30.2 punti di media in stagione gli valgono il titolo di miglior realizzatore, ma con una buona dose di ingiustizia gli viene scippato un meritato MVP.

CAPITOLO 2: I BIG THREE

Il secondo capitolo inizia con la free agency del 2010, storica nel liberare al contempo una enorme quantità di nomi pesanti, il recruiting di Wade di dimostra decisivo nello sbaragliare la concorrenza. Sotto la guida esperta di Pat Riley, gli Heat riescono a firmare LeBron James Wade Bosh LeBron anello 2012e Chris Bosh, non solo formando i moderni Big 3, ma anche mostrando a tutti i giocatori la forza del loro potere decisionale. Dopo la scoppola subita per mano dei Mavs l’anno dopo, è di nuovo Wade a risultare fondamentale. Mettendo da parte il suo ego, cede di sua volontà le redini della franchigia a LBJ e nelle due stagioni successive arrivano i frutti. Miami batte prima gli Oklahoma City Thunder nel 2012 e poi i San Antonio Spurs nel 2013, laureandosi così campioni per la terza volta. Tuttavia, anni di zingarate ad altitudini rarefatte presentano un conto salato: le ginocchia hanno ormai esaurito la cartilagine a disposizione e le partite saltate aumentano. Nell’estate 2016 arriva poi il più roboante dei fulmini a ciel sereno: Wade e Riley non trovano l’accordo per il rinnovo e il giocatore è costretto a lasciare South Beach.

CAPITOLO 3: FATHER PRIME

Lontano da casa, non sono rose e fiori. Nemmeno se si tratta del ritorno alla natia Chi-town con i Chicago Bulls o della reunion con l’amico LeBron, stavolta ai Cleveland Cavaliers. Dopo metà stagione a The Land è già addio, anche perché tornano a suonare le sirene di Miami. A febbraio 2018 Wade torna a vestire la sua seconda pelle con scritto Heat nel classico ruolo di veterano del gruppo. Il 2018-19 si configura come la stagione del suo addio al basket, la sua #OneLastDance. Wade viene celebrato come uno dei grandissimi ad ogni arena che visita per l’ultima volta e dà il via alla tradizione di scambiare jersey con un giocatore avversario al termine di ogni gara. Da ricordare quella di Dallas, quando lo swap vede protagonista Dirk Nowitzki, un’altra leggenda giunta all’atto finale della carriera. Per non sfuggire alla legge del tre fino all’ultimo momento, Wade finisce l’ultima gara in casa con 30 punti, 3 rimbalzi e 3 assist, e l’ultimissima, a Brooklyn, con una tripla doppia davanti agli amici LeBron, Bosh, CP3 e pure il desaparecido ‘Melo. L’ultimo assist, non a caso, glielo assicura lo storico co-capitano Udonis Haslem.

Così come si era presentato al mondo NBA con in braccio il figlioletto Zaire 16 stagioni fa, ora Wade saluta tutti stringendo a sé la piccola Kaavia insieme alla moglie Gab. Proprietario della leadership di qualunque voce statistica degli Heat che valga la pena citare, Wade lascia la pallacanestro forte del titolo ufficioso di terza miglior guardia dietro a Jordan e Kobe. Ora e sempre, la legge del 3 rimane senza dubbio la più efficace.

MVProf

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