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L’arrivo di Kirk Cousins a Minnesota è il primo passo verso una nuova frontiera per la NFL

Dal 14 marzo si è aperta ufficialmente la free agency NFL, primo step ufficiale in vista della stagione 2018. Il mercato ha già visto colpi di grande rilievo (Sherman ai 49ers, Bennett agli Eagles), ma sono è stato un quarterback in particolare l’assoluto protagonista di questi primissimi giorni di trattative. Come spesso accade, si è trattato di un effetto domino partito da lontano. La prima tessera in realtà è stata la trade di Alex Smith dai Kansas City Chiefs, che risale al 31 gennaio. Per lui, i Washington Redskins hanno scambiato una scelta al terzo giro e il CB titolare Kendall Fuller. A quel punto, è diventato ovvio che Kirk Cousins non sarebbe tornato in maglia ‘Skins dopo sei anni di militanza nella capitale. E proprio Captain Kirk, “costretto” al tag negli ultimi due anni, da quel momento era diventato il pezzo pregiato dell’intero mercato dei free agent. Quasi come accade a The Bachelor, a Cousins non restava che versarsi un drink e aspettare comodamente di essere sedotto dalle numerose pretendenti.

Dopo un’attenta riflessione (seguita da una camera crew), il QB aveva ristretto la rosa delle sue destinazioni più gradite a quattro squadre e giovedì 15 ha scelto la sua anima gemella. È ora ufficiale la notizia che Cousins si legherà ai Minnesota Vikings con un contratto di tre anni a $84M. Ciò che tale contratto ha di DYW28dOW0AALXsW.jpgrivoluzionario non è solo il fatto che rende l’ex giocatore di Michigan State il quarterback col salario annuale più pagato in NFL ($28M, primato per pochi mesi detenuto da Jimmy Garoppolo). La grande novità è tale somma è garantita fino all’ultimo centesimo. Si tratta del primo contratto di questo tipo per un giocatore NFL, i cui contratti fino ad ora stabilivano una cifra totale e una garantita. Quest’ultima in genere si assesta appena sul 30% del valore totale del contratto.

Tale strategia è da sempre importante per le squadre per fare in modo di salvaguardare i propri interessi finanziari, evitando di fatto di pagare giocatori KO e inservibili. D’altro canto, questo penalizza enormemente i giocatori, costretti spesso a firmare contratti inferiori al loro reale valore di mercato e senza dollari garantiti fin dal terzo anno. Tutto questo però non accade certo per caso. Dei quattro maggiori sport professionistici americani, la NFL è l’unica a non garantire ai propri tesserati contratti garantiti, mentre tale operazione è la norma per NBA, MLB e NHL. Al tempo stesso, una relazione di Football Players Health Study dell’università di Harvard ha dimostrato che la media di infortuni all’interno di una singola partita di football è quasi cinque volte superiore agli infortuni che occorrono nelle altre quattro leghe messe insieme.

In altre parole, praticare uno sport violento come il football rende i giocatori altamente soggetti a danni fisici che vanno dall’acciacco temporaneo alla lesione permanente. Gli infortuni sono talmente comuni che la carriera media di un giocatore NFL è di soli tre anni. Bisogna però prendere con le pinze un dato tanto generalista, visto che ogni ruolo ha tendenze più o meno elevate a specifici tipi di contatti e quindi di infortuni. Ciò si traduce in un arco di carriera più o meno duraturo a seconda dei casi. Ad esempio, a 26/27 anni i running back cominciano la propria fase di declino, mentre per i quarterback la longevità è in genere molto più elevata e l’apice di prestazione viene raggiunto nella prima metà dei 30. Tuttavia, non è una scienza esatta neppure questa. A 33 anni, il RB Frank Gore è riuscito ad abbattere il muro delle 1,000 yard lo scorso anno, mentre il QB Johnny Manziel a 25 anni è ormai fuori dalla lega dopo sole otto partite da titolare giocate.

Fluttuazioni così imprevedibili hanno motivato i proprietari delle franchigie fin dagli albori a concedere contratti solo parzialmente garantiti a tutti i giocatori di tutti i ruoli indiscriminatamente. Negli anni, gli agenti dei singoli giocatori hanno trovato modi sempre nuovi per scucire qualche milione in più per i propri assistiti. Attraverso bonus concessi alla firma, alla presenza in roster dopo una certa data o al raggiungimento di determinati record, i giocatori vedevano i propri emolumenti salire a seconda dei casi. Un episodio curioso è ad esempio capitato a Eddie Lacy. Il running back dei Seattle Seahawks ha spesso lottato in carriera con la difficoltà a mantenere il suo peso-forma. Per tale motivo, al suo arrivo a Seattle 556f3bb06da811845d6909bc-750-563.jpggli è stato proposto un contratto con bonus per un totale di $385,000 raggiungibili solo se di mese in mese il suo peso fosse rientrato entro certi parametri. Ad ogni modo, si tratta di clausole arbitrarie e spesso aleatorie che raramente portano ad una differenza sostanziale di salario, se si osserva il quadro generale.

Fin dagli albori, tale sbilanciamento di poteri tra i giocatori e i miliardari proprietari delle squadre ha favorito in maniera bulgara questi ultimi. Almeno in parte, questo sembra destinato a cambiare. Pari ruolo di Cousins come Matt Ryan e Aaron Rodgers hanno ormai il contratto in scadenza e c’è da pensare che in sede di trattativa non mancheranno di menzionare quanto raggiunto dal loro collega. Quella del quarterback resta di gran lunga la posizione più preziosa nel football e le squadre hanno dimostrato di essere disposte a qualunque cosa pur di legarsi ad un QB vincente. Ora, oltre che sui contanti, le richieste dei quarterback si concentreranno soprattutto sulla garanzia di tali cifre. Per i giocatori di diverso ruolo e posizione, l’adeguamento sarà forse più lento e quasi certamente fonte di fuoco e fiamme nella negoziazione del prossimo contratto collettivo (in arrivo nel 2021). Detto questo, nulla vieta di immaginare che prima o poi la maggior parte dei giocatori NFL potrà beneficiare di contratti garantiti. Forse saranno più brevi, ma rifletteranno in modo più accurato il proprio valore, il proprio futuro e i propri interessi.

MVProf

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