Come il VAR ha cambiato il calcio

Analizziamo l’operato del VAR, che fa parte della Serie A ormai da due mesi

È quasi poetico che Aldo Biscardi abbia potuto vivere abbastanza a lungo per poter vedere finalmente vedere realizzata la sua più appassionata crociata pluri-trentennale. È infatti fin dagli anni ’80 che il suo Processo chiedeva a gran voce – e almeno tre o quattro alla volta, com’era costume della sua trasmissione – l’introduzione della moviola in campo. Finalmente nel 2016 l’IFAB, l’unico organo competente per le modifiche del regolamento del gioco del calcio, ha dato il via libera ad un progetto biennale denominato VAR. L’acronimo sta per Video Assistant Referee e nel primo anno di vita ha fatto la sua comparsa in amichevoli e tornei minori. Dal 2017 è stato adottato dalla Serie A in comune accordo tra AIA, Lega e FIGC e sarà anche parte integrante dei Mondiali 2018 in Russia. Dal fallo di Iuliano su Ronaldo al goal di Muntari in Serie A, passando per la mano de Dios a Messico ’86 e il goal di Lampard a Sudafrica ’10 ai Mondiali, errori arbitrali topici di questo tipo dovrebbero essere scongiurati. Lo scopo principale dell’iniziativa è infatti quello di eliminare il più possibile gli errori importanti e non falsare i risultati come negli esempi citati. Storicamente, il calcio è sempre stato refrattario ai cambiamenti del regolamento, specie in materia arbitrale. Gli ultimi anni, però, hanno visto aiuti sempre maggiori entrare a disposizione dei direttori di gara. Dal 2006gli arbitri della b9e0947a9a1596e313316545c5a38f36-053-kEgH-U220474498046GcF-620x349@Gazzetta-Web_articolo.jpgCAN A hanno iniziato a fare uso dell’auricolare, dal 2009 sono comparsi gli addizionali in area di rigore, dal 2014 lo spray per la distanza delle barriere e dal 2015 la Goal Line Technology.

Il VAR è stato il passo successivo. La sua implementazione significa l’addio degli assistenti addizionali e l’arrivo di due nuove figure, l’arbitro addetto al VAR e l’AVAR, il suo assistente. Il VAR può entrare in azione in fasi diverse. A livello preliminare c’è la possibilità per gli arbitri di “marcare” un’azione, ovvero segnalare in cuffia che un determinato episodio può essere passivo di controlli ulteriori. Successivamente, può avvenire un check silente. Attraverso di esso, un episodio viene analizzato dal VAR col gioco ancora in svolgimento. In caso di conferma della bontà della decisione presa dall’arbitro in tempo reale, il gioco prosegue senza che in campo si verifichino interruzioni. Se invece in fase di check silente l’arbitro addetto al VAR ritiene che la decisione dell’arbitro sia chiaramente errata, il protocollo cambia. In caso di errore certo sulla base di fatti, l’overrule (cambio di decisione) dall’alto è automatico. In caso di errore sulla base di un’interpretazione, allora viene comunicato all’arbitro che è necessario che quest’ultimo visioni le immagini sul monitor a bordo campo, fase denominata On Field Review. Questi fischia mimando il gesto del monitor e si dirige a bordocampo. A quel punto, la decisione finale spetta all’arbitro. Diversamente da quanto avviene in altri sport, è stato scelto di lasciare la decisione finale in mano all’arbitro, che può scegliere se stare con la chiamata del campo o modificarla. Allo stato attuale delle cose, il VAR può essere usato solo in quattro casistiche, tre di tipo tecnico e una di tipo amministrativo.

  • GOL

Il VAR entra in gioco per tutte le reti segnate, che vengono controllate per una possibile posizione di fuorigioco, del marcatore e/o di un giocatore che può causare interferenza. Per estensione, può essere controllata tutta l’azione offensiva che porta al gol in caso di falli della squadra attaccante. Un esempio di ciò proviene dalla 7° giornata: Lichtsteiner stende con una gomitata il Papu Gomez, poi l’azione prosegue e Mandzukic insacca la palla. D’Amato dà gol, ma dall’auricolare a quel punto gli è già arrivata indicazione di una possibile irregolarità. L’arbitro visiona il monitor e modifica la decisione: niente gol e giallo per il difensore juventino.

  • RIGORI

All’interno di questa casistica, ci sono due possibili modalità d’esecuzione. Il primo caso è quello di un dato contatto da punire o meno con un calcio di rigore. Esempio: 2° giornata, Iago Falque crossa dalla sinistra a centro area, dove Paolo Cannavaro colpisce la palla in modo goffo. L’arbitro Mazzoleni indica il dischetto perché valuta che il giocatore abbia colpito la palla col braccio. Andando però a rivedere le immagini, nota il doppio tocco testa-braccio: niente rigore e si riprende con una palla scodellata. Il secondo caso riguarda i contatti dentro o fuori area. In questo caso l’arbitro fischia il fallo e prende la sua decisione, che il VAR può andare a confermare o meno. La 3° giornata porta un esempio a riguardo. Icardi scambia in verticale con Joao Mario, che viene toccato e finisce a terra. L’arbitro Gavillucci fischia fallo dal limite. Consultato il VAR, la decisione cambia: è rigore. In aggiunta, il VAR può andare a controllare se la concessione di un rigore sia stata viziata da una posizione di offside o da un pallone uscito dal campo non rilevato.

  • ROSSI DIRETTI

Vale la pena sottolineare che sono esclusi da questa fattispecie i cartellini gialli, anche quelli che comporterebbero l’espulsione per somma di ammonizioni. Il motivo è quello di evitare le perdite di tempo per episodi minori rispetto ai 90′. Gli unici episodi in cui il VAR può entrare in azione sono i gravi falli di gioco e le violenze. Di nuovo, è la 3° giornata a fornire un caso di questo tipo. Bertolacci interviene a gamba alta e piede a martello su Lasagna. L’arbitro Maresca lascia correre, ma il suggerimento del VAR non può che invitarlo a rivedere l’episodio. Le immagini chiariscono come fosse inevitabile il rosso diretto per il genoano, espulso dopo aver consultato il monitor.

  • ERRORI DI IDENTITÀ

Prima e unica casistica di tipo amministrativo riguarda gli scambi di persona. La situazione-tipo si verifica quando un cartellino viene assegnato per errore ad un giocatore diverso da quello che si è reso colpevole di un’infrazione. È raro che accada a questi livelli e finora non ci sono casi simili riportati mediante l’uso del VAR. Accadde però nel campionato inglese nel 2014 che l’arbitro Marriner espulse per errore Gibbs invece di Oxlade-Chamberlain per aver parato il pallone sulla propria linea di porta.

Come già accadeva da prima, ogni decisione viene poi scrutinata ulteriormente nel dopo partita, specie per raccogliere dati e statistiche fondamentali per la crescita del VAR. Stando a quanto riportato dagli ex arbitri Rizzoli e Rosetti, oggi rispettivamente designatore e responsabile VAR, dopo le prime sette giornate e 59 partite giocate, il VAR è entrato in azione in 264 occasioni e per 246 volte ha semplicemente confermato la decisione originale. In altre parole, con o senza VAR gli arbitri avevano preso la decisione corretta in più del 90% dei casi su situazioni critiche. Tuttavia, in due circostanze in Roma-Inter e Genoa-Juventus della 2° giornata il VAR non è stato perfetto come al solito. Nel primo caso il VAR Orsato ha mancato di consigliare a Irrati di andarsi a rivedere il contatto di Skriniar su Perotti in area. Nel secondo, l’intervento del VAR Fabbri ha sì giustamente segnalato a Banti il fallo di Rugani su Galabinov in area, ma non ha notato come il genoano fosse in posizione di fuorigioco. Ad ogni modo, si è trattato di episodi avvenuti con appena una giornata di rodaggio alle spalle e sono stati giustificati Risultati immagini per serie a vardai vertici dell’AIA come problemi tecnologici e di comunicazione.  Il vero dato significativo sono i 18 overrule, cioè errori corretti in corso d’opera. Il che significa circa 110 errori in meno ogni anno proiettati sull’arco di un intero campionato.

Eppure gli scettici non mancano. Capo di tutti i detrattori della tecnologia in campo è sempre stato l’ex Presidente FIFA Sepp Blatter, fra le ragioni principali dell’arretratezza del calcio rispetto a tutti gli altri sport. È assolutamente ridicolo che durante la sua presidenza pure il badminton e il biliardo fossero anni avanti rispetto al calcio in quanto a tecnologia. Lui amava definirsi un purista e un baluardo dell’integrità del gioco. Apparentemente, era molto più di manica larga circa la scarsa integrità della sua persona. I critici del VAR non mancano però nemmeno in Italia. L’ex ct Arrigo Sacchi ha affermato che il “VAR esiste perché noi non riconosciamo il merito […] un errore arbitrale dovrebbe essere accettato.” Forse Sacchi ha ragione in senso lato, ma il merito non è un dato oggettivo valutabile da tutti allo stesso modo. Inoltre, difficile non ricordare che fosse lui sulla panchina del Milan che nel 1991 ritirò dal campo la squadra per problemi ai riflettori del Vélodrome, di fatto non riconoscendo al Marsiglia il merito del risultato. Massimiliano Allegri ha invece riconosciuto l’importanza del VAR, ma si è lamentato della durata dei replay e di come “a marzo, quando le partite varranno una stagione, dureranno dalle tre alle quattro ore.” In realtà, il VAR sta compiendo passi avanti anche in quel campo. Se a inizio stagione il tempo medio del processo decisionale tramite VAR durava 1’22”, ora il tempo è sceso a 40″. Il VAR è uno strumento imprescindibile per il calcio e già nei primi mesi ha confermato la sua importanza. L’evoluzione ulteriore di questa tecnologia, unita all’abitudine di vederla usare di anno in anno, non potrà che farla diventare parte integrante del gioco del calcio.

MVProf

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