Operazione Timberbulls

Coach Thibodeau e la rischiosa passeggiata sul viale dei ricordi

Certe persone non riescono proprio a tagliare il proprio legame col passato, specie se si tratta di momenti felici. Il rischio, tuttavia, è non solo quello di non apprezzare il presente, ma addirittura di compromettere il futuro. Per trovare un esempio pratico in materia basta dare un’occhiata agli ultimi movimenti in casa Minnesota Timberwolves. In seguito a un 2017-18 che li ha visti tornare ai playoff dopo una siccità lunga 13 anni, la stagione ormai alle porte è molto delicata per la franchigia. Nonostante sia stato importante sfatare il tabù playoff, i Wolves hanno acciuffato la postseason per i capelli, in virtù di un 8° posto ad ovest ad una sola partita dai Nuggets, primi degli esclusi alle loro spalle. Al primo turno, però, gli Houston Rockets li hanno liquidati con un gentleman’s sweep senza storia. Per il 2018 le ambizioni non possono che essere superiori, ma la direzione intrapresa dal coach/President of basketball operations Tom Thibodeau sta lasciando molti interdetti.

Negli ultimi giorni, i T’Wolves hanno messo sotto contratto Luol Deng per un anno a 2.4M, dopoché questi aveva raggiunto un intesa per il buyout dai Los Angeles Lakers. Coi giallo-viola Deng ha giocato una sola partita lo scorso anno e per gran parte della sua storia coi Lakers è stato visto come nulla più di un pessimo contratto senza via d’uscita. Al di là del suo quasi inesistente operato recente, quello che colpisce nella notizia è che Deng diventa il quarto giocatore in Minnesota sotto Thibs a condividere col coach un passato ai Chicago Bulls. Il primo è stato Jimmy Butler, arrivato via trade da Chicago la sera del Draft 2017, seguito a poche settimane di distanza da Taj Gibson. Terzo in lista è stato Derrick Rose, giunto a Minny dopo la trade da Cleveland e il rapido taglio da Utah. Con Thibodeau ThanosDeng, la lista di ex chicagoani si è quindi estesa a quattro, rendendo inevitabile la nascita del soprannome assai orecchiabile di “Minnesota Timberbulls.” E hanno già cominciato a stamparne pure le t-shirt.

La logica di coach Thibodeau non è del tutto irragionevole. Il 2011, primo anno alla guida dei Bulls, fu una stagione esaltante per la squadra. Chicago chiuse la stagione con un record di 62–20: si trattava del miglior traguardo dal 1997-98, l’anno dell’ultimo titolo di Michael Jordan. In più solo altre tre volte nella propria storia la franchigia ha raccolto un record migliore. Quell’anno Rose divenne l’MVP più giovane della lega, Thibs vinse il premio di Coach of the Year e Gar Forman quello di Executive of the Year. Solo gli Heat di LeBron James furono in grado di frapporsi fra i Bulls e le Finals. Di quel collettivo, sette giocatori sono ancora in attività e ora quattro di loro sono di nuovo compagni, ma ai T’Wolves. Fra i rimanenti tre, anche Joakim Noah è stato accostato a Minnesota, per quanto nelle ultime ore l’interesse sembra essere diminuito – forse a causa dei troppi meme. In alternativa, c’è sempre Carlos Boozer, che a 36 anni sta dominando nei BIG3, la lega di semi-pensionati di Ice Cube.

Tale Amarcord rischia però di costare caro a Minnesota. L’impressione è che Thibs stia riportando a sé i suoi pretoriani non solo in nome dei bei tempi andati, ma soprattutto per puntellare panchina e scrivania. Da qualche tempo infatti girano voci di uno spogliatoio in tumulto, coi giocatori lontani dall’abbracciare le idee del proprio coach. La prova principale è la pessima difesa di squadra: in teoria punto forte della filosofia di Thibodeau, nel 2017 è stato il persistente tallone d’Achille della squadra. In più, Butler ha criticato senza mezzi termini il suo compagno Andrew Wiggins, di cui ha contestato etica del lavoro e approccio difensivo in campo. Non aiuta nemmeno il fatto che Karl-Anthony Towns non abbia ancora firmato il prolungamento di contratto atteso da tempo. Nel migliore dei casi, Thibs può sperare che i suoi fedelissimi mettano in riga i giovani talenti. Ma si sa che in NBA il cachet conta più delle parole e nessuno degli ex Bulls ha anelli per corroborare le opinioni del coach. Insomma, c’è una ragione se invertire il ciclo naturale delle cose di solito genera mostri.

MVProf

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