Kap ha sconfitto l’NFL

Il patteggiamento voluto dalla lega ricoprirà il QB di milioni

La battaglia è finita e, sotto molti aspetti, può considerarsi vinta. Colin Kaepernick ha raggiunto un accordo con la NFL nella causa in cui accusava la lega di aver complottato in segreto per escluderlo dalla NFL. La causa, intentata insieme all’ex compagno di squadra Eric Reid, era partita a ottobre 2017 attraverso l’avvocato delle celebrità Mark Geragos. Il raggiungimento dell’accordo è stato annunciato proprio dal legale, in concerto con la lega, tramite una nota che citava fra le condizioni la non divulgazione dei dettagli del compromesso. La notizia è di certo sorprendente. Il commissione Roger Goodell e i suoi predecessori hanno dimostrato negli anni passati di essere disposti a perseguire i propri interessi a oltranza e in ogni sede legale esistente. In tempi recenti, basta chiedere a Tom Brady ed Ezekiel Elliott. Le origini della spaccatura fra Kap e la lega risalgono addirittura al 2016, quando l’allora quarterback San Francisco 49ers inscenò una protesta non violenta durante l’inno americano per far luce sul trattamento ingiusto e criminale subito dalle minoranze.

Meno sorprendente è il tempismo della notizia stessa. Fra poche settimane il mediatore Stephen Burbank avrebbe infatti iniziato la prima fase delle udienze con proprietari e dirigenti NFL. È quindi possibile che questi, dopo aver tentato di trascinare il caso per più tempo possibile, abbiano dovuto risolvere il caso negli ultimi giorni utili prima di vedere esposti al pubblico i propri panni sporchi. E tali possibili rivelazioni scottanti avrebbero potuto riguardare segreti che vanno ben oltre al caso di Kap. Stando all’attuale CBA in vigore, i casi di collusione sono nella loro stessa essenza assai complessi da dimostrare. Per darne prova occorre documentare con prove certe che almeno un team e i suoi dipendenti abbiano stretto un patto per limitare o impedire l’offerta di un contratto al soggetto interessato. Perciò l’improvvisa fretta dell’NFL di patteggiare induce a pensare che, più che dal timore di una sconfitta in aula, questa sia stata causata dalla necessità di mantenere insabbiato qualcosa di forse ancora più incriminante.

L’assenza diKaepernick GQ Man of the year Kap dai campi da gioco non ha frenato la sua popolarità. Negli oltre due anni trascorsi dal suo ultimo snap, Kap è diventato il più chiacchierato e polarizzante non solo fra i giocatori  di football, ma forse addirittura fra tutti gli atleti americani. Anche una volta chiuso il contratto con i Niners, mese dopo mese la sua vicenda si è arricchita di nuovi capitoli. Solo per citare i più noti, l’aggressiva ingerenza del Presidente USA Donald Trump, la creazione – la successiva frattura – della Players Coalition e la sponsorizzazione della Nike. Ancora più problematico è stato assistere alla firma non solo di giocatori molto meno talentuosi di Kap (The Undefeated ha contato 85 QB diversi firmati prima di lui), ma anche di atleti sulla cui testa pendevano accuse o condanne pesanti. Eric Reid è stato il primo a schierarsi al suo fianco, prima in campo e poi al di fuori di esso. Dopo iniziali resistenze dei team, nel 2018 Reid è riuscito a fare il suo ritorno in NFL ai Carolina Panthers, dove – si fa fatica a parlare di casualità – è stato sottoposto a ben sette controlli antidoping.

Ci sono tutti gli elementi per definire il patteggiamento in questione come una vittoria per Kaepernick. Prima di tutto, il QB riceve un assegno che lo compensa dei salari persi in queste due stagioni NFL. Pur restando per ora segreto, è lecito pensare a un numero a otto cifre. I nuovi introiti gli permetteranno inoltre di continuare la sua attività benefica, attraverso cui ha donato $1.1M solo lo scorso anno. Agli occhi di molti, ciò che importa di più è la fine delle scuse da due soldi da parte di dirigenti e hater vari. Pur non avendo proferito un’ammissione di colpa ufficiale, col patteggiamento i proprietari hanno di fatto ammesso che non fosse solo la mancanza di talento e le possibili distrazioni a tenere il QB lontano dalla lega nei suoi anni d’oro. È più difficile comprendere invece i motivi che hanno spinto Kap ad accettare tale proposta.

Se anche l’indennizzo era finalmente arrivato a coincidere con la cifra che aveva in mente, questi ha salvato la lega da una gigantesca mazzata mediatica derivante da una possibile sentenza ai loro danni. Ancora più incerto è se vedremo mai di nuovo il giocatore lanciare un touchdown in NFL. A 31 anni Kap resta sulla carta un’opzione migliore di almeno un terzo degli attuali QB titolari, ma un suo ritorno rimane un miraggio. È quasi impossibile infatti che il patteggiamento includa un qualche tipo di obbligo da parte di una squadra di fargli firmare un contratto per il 2019. Tuttavia, l’impatto che Colin Kaepernick ha avuto sulla società americana in questi anni di attivismo sociale da paria NFL ha gettato radici più solide e durature di qualunque record di football gli avrebbe mai potuto dare.

MVProf

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