Another Westbrick in the wall

I playoff 2019 (e non solo) di Russell Westbrook sono stati un vero flop

Ci sono pochi dubbi che il vero protagonista di tutte le prime serie di questi playoff sia stato Damian Lillard. Il giocatore dei Portland Trail Blazers ha chiuso la serie così come l’aveva aperta, ovvero con una tripla da distanza siderale che non ammette repliche. Lillard è ora l’unico altro giocatore della storia insieme a Michael Jordan ad avere due buzzer beater simultaneamente decisivi sia per la vittoria della partita che per il passaggio del turno. C’era riuscito infatti anche nel 2014 contro Houston, a soli due anni dall’approdo nella lega. Come sosterrebbe Thanos, l’universo necessita di equilibrio; perciò, se gloria e onore vengono tributati al vincitore, è inevitabile che scherno e ignominia travolgano lo sconfitto. E colui che dovrà farsene carico non può che essere Russell Westbrook. L’uomo-franchigia degli Oklahoma City Thunder si conferma croce e delizia del basket contemporaneo per via di quel suo approccio al gioco difficile da decifrare.

Da un lato, è evidente che Russ è uno dei tre o quattro giocatori più divertenti da veder giocare, in special modo dal vivo. Le sue sgroppate in contropiede, le schiacciate poderose e la capacità di far saltare col tritolo le difese avversarie sono qualità per pochi eletti. E lui è uno di questi. Westbrook è forse il numero uno in NBA come potere di determinare a tavolino il proprio boxscore finale. Basti pensare a inizio aprile, quando prima ancora di allacciare le Nike aveva deciso di tributare il defunto Nipsey Hustle con una partita da 60, equamente divisi fra punti, rimbalzi e assist. Ancora più ragguardevole è il fatto che da tre anni consecutivi viaggi con una tripla doppia di Lillard Westbrook playoff 2019media a stagione. L’unico precedente nella storia risaliva a Oscar Robertson, che era riuscito nell’impresa nella stagione 1961-62. Insomma, accumulare statistiche non costituisce per Russ un problema.

Farlo in maniera vincente, d’altro canto, lo è eccome. Anche perché, se ci si limitasse ad osservare alcune delle sue statistiche delle cinque partite giocate contro Portland, si potrebbe pensare che l’ex UCLA abbia giocato una signora serie. 23 punti, 9 rimbalzi e 11 assist è una stat line che nei playoff è una vera rarità. Come diceva però Mark Twain, “There are three kinds of lies: lies, damned lies, and statistics.” Ecco infatti esempi di statistiche più veritiere nel giudizio complessivo di Westbrook. Nel corso della serie, Westbrook ha un -43 di plus/minus, ben 23 palle perse, e ha costantemente preso a mattonate il ferro, tirando appena col 36% dal campo e col 30% da tre. A rappresentare al meglio l’essenza della sua carriera è l’inutile tripla doppia di Gara 5, raggiunta sì con 29 punti, ma anche con ben 31 tiri, molti dei quali avrebbero forse trovato miglior sorte se presi dal fin lì bollente Paul George.

Le scelleratezze di Westbrook nei finali di gara sono poi state ancora più problematiche. Nel secondo tempo di Gara 4, ha chiuso con un solo punto e 0-su-7 al tiro. Peggio ancora è andata nei 6 minuti finali di Gara 5, quando il #0 ha sulla coscienza due palle perse sanguinose, di cui una con il suo ormai classico sfondamento caricando il pitturato a testa bassa. E prima della tripla da film di Lillard, un’altra testarda penetrazione di Russ non aveva trovato il fondo della retina. I deludenti risultati recenti non sono certo isolati. Da quando Kevin Durant scelse di lasciare OKC, la squadra di Westbrook ha infatti collezionato tre uscite consecutive al primo turno. Mantenendo questo suo stile così amico dei numeri, ma povero di vittorie, la caccia all’anello resterà molto difficile. Ma in fondo, è anche possibile affermare che basteranno le sue statistiche personali per garantire a Westbrook l’immortalità cestistica. E forse a lui basta.

MVProf

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