Piedi piatti

13 giocatori di UNC sospesi per aver venduto le loro stesse scarpe

Una nuova polemica colpisce i North Carolina Tar Heels. Questa volta al centro della controversia è finita la squadra di football. Tutto tranquillo – almeno per ora – per i ragazzi di coach Roy Williams, in passato al centro di uno scandalo accademico. Il QB Chazz Surratt e altri 12 giocatori del team sono stati sospesi per aver rivenduto le loro scarpe di marchio Jordan riservate ai giocatori. Per il quarterback la sospensione sarà di 4 partite e altri otto giocatori subiranno il medesimo tipo di punizione. Le scarpe e il materiale sportivo forniti agli studenti-atleti di UNC – come per molte università di prestigio – sono un’edizione speciale riservata a loro e non sono in vendita nei canali ufficiali. Questo rende il mercato nero di tale merchandising estremamente redditizio, con i prezzi che possono arrivare a diverse migliaia di dollari. Lo scorso anno Michael Jordan in persona aveva annunciato l’inizio della partnership con la squadra di football, dopo che da anni ha reso la squadra di basket una delle più cool dei parquet americani. Il paradosso è che, sebbene le scarpe siano un omaggio della scuola agli studenti-atleti, questi non possono usufruire fino in fondo del loro diritto di proprietà come qualunque altro cittadino.

La vera beffa è che gli giocatori condannati sono di importanza capitale nel valorizzare il prodotto a livello nazionale e internazionale. Senza di loro a promuovere costantemente il brand con questa sorta di sponsorizzazione coatta e gratuita, il brand perderebbe di valore. Ma nel momento in cui tentano di tener per sé una fetta peraltro infinitesimale degli introiti, l’NCAA fa scattare l’allarme rosso. La rivendita di materiale sportivo è una delle più antiche prassi nelle università. L’ex stella di Michigan Jalen Rose ha raccontato a Get Up! di come a sua volta negli anni ’90 fosse solito arrotondare vendendo le scarpe dei Wolverines. Questa vicenda altrimenti marginale è diventata molto discussa poiché ha riacceso un vecchio, ma sempre attuale dibattito. L’NCAA resta adamantina nella sua totale avversione a qualunque forma di pagamento nei confronti dei giocatori, che si tratti di regali, prestiti o sponsorizzazioni. Sulla questione, avevamo pubblicato su C3S una serie di articoli quasi due anni fa. L’identità americana fondata sull’idea quasi archetipica del capitalismo si scontra ormai da tempo con tale muro alzato dalle scuole. Permettere agli studenti-atleti più meritevoli di arrotondare attraverso la vendita di un surplus di materiale sportivo potrebbe essere il primo, piccolo passo verso un più equo riconoscimento dei loro sforzi sui campi da gioco.

MVProf

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