A Tale of Four Cities

Quattro città per un solo immenso giocatore: dove porterà i suoi talenti LeBron James la prossima estate?

Siamo solo a marzo e c’è ancora tanto basket da giocare. Eppure, è impossibile non farsi affascinare dalla grande domanda che eclissa il panorama cestistico americano quasi per intero. Dove giocherà LeBron James l’anno prossimo? Con ogni probabilità, nemmeno il diretto interessato ha un’idea chiara a riguardo. Tuttavia, le ultime indiscrezioni suggeriscono che questi abbia quantomeno ristretto la scelta a quattro destinazioni gradite. Il che ci offre il pretesto per argomentare pro e contro ciascuna pretendente, e tentare di capire quale tra esse abbia l’uniforme che gli calza a pennello.

CLEVELAND CAVALIERS 

PRO

Il motivo principale (e forse unico) che spingerebbe LeBron a restare con i Cleveland Cavaliers è la sua legacy. Il ritorno nel nordest Ohio e la vittoria del titolo nel 2016 hanno più che ricucito lo strappo con la comunità e con i fan dei Cavs. La sua scelta di restare e cementare la propria presenza garantirebbe ai tifosi altri 3-4 anni di perenne lotta al titolo e di tifo per l’idolo di casa. Dopo essere stato accusato di essere un mercenario alla mera ricerca di un titolo, restare per il resto della carriera con la maglia vinaccia e oro di Cleveland sulle spalle lo avvicinerebbe alle leggende del gioco fedeli (quasi) ad un’unica squadra. Al contrario, un suo nuovo addio – che pure non sarebbe necessariamente visto come un nuovo tradimento, vista l’argenteria lasciata nell’altrimenti sguarnita bacheca della squadra – renderebbe questa operazione irrealizzabile. Ma fino a che punto LeBron darà priorità alla propria legacy rispetto alla sua rincorsa all’anello?

CONTRO

Le numerose trade dei Cavs dello scorso febbraio avranno forse migliorato la competitività del roster (grande forse – sono 8-7 da allora), ma la situazione salariale nel suo complesso resta proibitiva. Specie in proiezione 2018-19. L’anno prossimo, infatti, i soli contratti di Love, Hill, Thompson e JR esigeranno più della metà del cap disponibile per l’intero roster. Un’enormità per un quartetto che comprende un All-Star e tre giocatori bolliti. Aggiungendo al computo gli emolumenti di LeBron e dei giocatori ancora a libro paga, si arriva ad un monte salari di $138M e ad una luxury tax di quasi $29M. E anche così servirebbero comunque altri 2-3 pezzi da aggiungere. Davvero tanti verdoni anche per Dan Gilbert. Vero, i Cavs hanno ancora un asso nella manica, ovvero quella scelta dei Nets che al momento in proiezione vale la 6° scelta assoluta. Tuttavia, se i Cavs opteranno per trattenere il rookie invece che assicurarsi un All-Star da affiancare a LBJ con qualche nuova trade creativa, questi sarebbe pesantemente disincentivato a restare in Ohio.

LOS ANGELES LAKERS 

PRO

I motivi a favore dell’arrivo del re ai Los Angeles Lakers si sprecano. Insieme a New York, Los Angeles è il mercato più importante del Paese. Pur all’interno di un mercato globalizzato in cui la presenza fisica conta meno di quella multimediale, un mogul come LBJ potrebbe espandere ulteriormente il suo brand già super affermato. Come bonus, LeBron potrebbe reclamare la corona di principale icona sportiva di LA, status rimasto vacante dal ritiro di Kobe. E farlo come membro dei Lakers, la franchigia NBA di maggior successo degli ultimi 40 anni, aggiungerebbe un altro capitolo alla leggenda. A livello pratico, la situazione è totalmente l’opposto rispetto a quella dei Cavs. I lacustri potranno contare su uno spazio salariale di ben $62M e sulla presenza di tre giovani stelline come Lonzo, Kuzma e Ingram, tutti a prezzo di saldo per anni a venire grazie ai contratti da rookie. Lo spazio di manovra per allestire un roster super competitivo nel lungo periodo è davvero enorme.

CONTRO

Per i fin qui ottimi Magic e Pelinka, arriva la fase decisiva per giudicare il loro operato. Dopo una lunga pars destruens in cui si sono limitati a scaricare giocatori e accollarsi brutti contratti, dovranno per forza di cose iniziare quella construens. E l’addizione del solo LeBron non basterà a rendere i Lakers una contender nell’immediato. Il vero banco di prova sarà firmare un secondo All-Star. Da ormai un anno tutti gli indizi portano al nativo di LA Paul George. Al suo possibile arrivo ha fornito un involontario assist la deludente stagione dei Thunder, che però restano un’opzione gradita al giocatore. Con PG13 di ritorno a OKC, i Lakers perderebbero in un pur valido mercato di FA il singolo giocatore più adatto per integrarsi a LeBron. Il quale, a quel punto, potrebbe trovare situazioni migliori altrove. Nota a piè di pagina: da non sottovalutare nelle valutazioni di LeBron quando la caotica presenza di LaVar nei paraggi possa incidere.

PHILADELPHIA 76ERS 

PRO

Philadelphia 76ers hanno già iniziato da tempo il loro reclutamento con tre cartelloni pubblicitari apparsi di recente a Philly. Per la città dell’amore fraterno, nel pieno del proprio rinascimento sportivo, LBJ rappresenterebbe la svolta decisiva. Ad attenderlo ai 76ers troverebbe Ben Simmons, uno dei giovani più interessanti dall’arrivo dello stesso LeBron in NBA. Non a caso, alcuni definiscono Simmons “mini-LeBron,” data la naturalezza nel mettere insieme cifre importanti in ogni casella statistica. Conferma di ciò sono le sue 8 triple-doppie registrate quest’anno, che hanno reso Simmons il rookie che ne ha accumulate di più dai tempi di Oscar Robertson – di cui, a sua volta, LeBron ne è la reincarnazione cestistica. Un LBJ che appare sempre di più in versione mentore che eremita (stile Kobe, per intenderci) potrebbe aver riconosciuto in Simmons il suo erede da allevare e accudire da vicino. Rispetto a LA, LeBron troverebbe in Philly la chance di restare ad est e già questo vale non poco.

CONTRO

Un aspetto tecnico molto importante gioca a sfavore del talentuoso terzetto di giovani dei Sixers. E questo soprassedendo sui dubbi sulla loro tenuta fisica (374 partite saltate su 560 totali disponibili dal momento dei rispettivi draft). Il problema, dicevamo, è relativo ad altro, ossia il gioco perimetrale. Se l’infortunio alla spalla di Markelle Fultz pone un enorme punto interrogativo sulla sua meccanica di tiro, Simmons sta riuscendo nell’incredibile record di finire una stagione senza un singolo tiro da tre a segno. Joel Embiid, poi, si allontana dal tipico lungo perimetrale di cui LBJ si è circondato in carriera. Ad esempio, quest’anno su 100 possessi Kevin Love tira da fuori nel 43% dei casi. Embiid, al contrario, lo fa solo per il 22% e senza tiro dagli angoli. Con LeBron in quintetto, Philly avrebbe quindi spazio per un unico specialista dal perimetro, mentre è risaputo che circondarlo di tiratori puri è stata una delle chiavi delle sue tre annate vincenti (Allen, Battier, Miller a Miami e Korver, JR e Frye a Cleveland).

HOUSTON ROCKETS 

PRO

Dulcis in fundo, gli Houston Rockets. Già da ora, sono una squadra al top e aggiungere LeBron sarebbe una mossa che ricorda molto da vicino l’arrivo di Kevin Durant ai Warriors delle 73 vittorie. Per questo motivo, di tutte le diverse motivazioni extra associabili a ciascuna pretendente (legacy a CLE, status a LAL e mentoring a PHI) i razzi rappresentano la pura e semplice rincorsa selvaggia al titolo. E anche la migliore. Giocare con James Harden vorrebbe dire per LeBron essere appaiato al miglior compagno di squadra di sempre. Non in senso all-time, ma come valore attuale tale valutazione non è in discussione. Importante per la chimica di squadra e non solo sarebbe anche trovare in squadra Chris Paul. CP3 è uno dei migliori amici di LBJ, nonché membro della celeberrima Banana Boat. Free agent al termine della stagione, formerebbe con LeBron e Harden un trio delle meraviglie clamoroso.

CONTRO

Problema non indifferente riguarda la situazione contrattuale dei texani. Il Barba è a libro paga per $30M l’anno prossimo, mentre trattenere CP3 usando i Bird Rights significa allocare ulteriori $39M per l’ex Clipper. LeBron, dal canto suo, ha più volte affermato di non voler firmare per meno del massimo salariale, che per un veterano NBA significano altri $35M. Siccome il loro stipendio da solo raggiunge il tetto salariale, ma a basket si gioca ancora in cinque, servirà qualche magia manageriale per far quadrare i conti. Sarà necessaria una comunione di intenti non indifferente fra il GM Daryl Morey, LBJ e/o i Cavs, perché o il primo accetterà meno del max deal o la sua ex squadra dovrà prestare il fianco per un sign-and-trade. Nulla di impossibile, ma terribilmente arduo. Sul piano tecnico, da capire come tre giocatori che necessitano di tanti tocchi ad ogni azione si troveranno insieme.

CONCLUSIONE

Qual è dunque lo scenario più probabile? Secondo alcuni, alla lista andrebbero aggiunti anche Miami Heat (già una volta un addio di LBJ si è tramutato in semplice arrivederci) e San Antonio Spurs (Pop sarebbe il grande coach che gli è sempre mancato, ma in un sistema basato sulla filosofia dell’annullamento di sé). Realisticamente, prima di una qualsiasi decisione, LBJ aspetterà di vedere quali e quante pedine importanti ciascuna pretendente riuscirà ad assicurarsi. Senza solide certezze a riguardo, LeBron non ha il minimo incentivo a spostarsi da Cleveland. Sarebbe infatti insensato sprecare un anno con una nuova squadra che già da subito non abbia massimizzato i propri asset per il successo, ma che debba aspettare la successiva free agency per completare il roster. In questo scenario, l’opzione più realistica sembra un nuovo contratto di due anni (1+1) con i Cavs. Attenzione infine all’ipotesi ritiro “in stile MJ.” LeBron ha un tassametro effettivo che va ben oltre le 15 stagioni in carriera e riposarsi un anno potrebbe essere funzionale ad un recupero fisico e psicologico determinante per il resto della carriera.

MVProf

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