7 a settimana – week 12

ali4

Ogni settimana tratteremo sette spunti di riflessione più o meno seri donatici dalla National Football League

(D.I.S.)R.E.S.P.E.C.T. – Qui il tacchino è rimasto davvero indigesto. Si parte con l’esibizione al piano (e alle corde vocali) dell’inno americano da parte di Aretha Franklin, che tiene in ostaggio giocatori, arbitri e tifosi per 4’35” con un’esibizione da applausi. CBS sciorina subito statistiche che ricordano le esibizioni in playback dei cantanti della parata di Macy’s a NYC: tanto rumore per nulla. I Detroit Lions sono 3-9 quando giocano il giovedì del Ringraziamento, mentre gli avversari sono 5-1 (l’unica sconfitta – manco a dirlo – contro i Lions nel lontano ’95); dall’altra parte del campo, i Minnesota Vikings hanno in Sam Bradford il miglior passatore per percentuale di passaggi completati della loro storia… ma allo stesso tempo il minor numero di yard totali di tutta la NFL. Non aiuta in questo senso l’assenza di Diggs. s3.reutersmedia.jpgPagato tributo alle statistiche, parliamo di ciò che ha detto il campo. Matthew Stafford parte a mille, producendo un drive immacolato e 7 punti. Palla a Minnie, che viene salvata per i capelli in tre circostanze filate da altrettanti disastri, con due flag e una chiamata cambiata dagli arbitri dopo il replay a far mantenere in qualche modo il possesso agli ospiti. Asiata la spinge dentro di prepotenza per il pareggio. Non farebbe nemmeno più notizia a questo punto, ma anche il centro, Joe Berger, e il sostituto tackle, Jeremiah Sirles, lasciano il campo per infortunio. Bradford rimane con una O-line fatta di sagome di cartone, ma in qualche modo Detroit non riesce nemmeno a mettergli un mignolo addosso. In una partita a scacchi fra due squadre complesse da definire, fondamentalmente una piena di storpi e una con un fattore C mastodontico, si arriva all’epilogo come da programma. Per l’undicesima volta su undici, Detroit arriva al 4° quarto in svantaggio e, per la settima, ne esce vincitrice. Motivo, un intercetto tragico di Bradford, più per ottima lettura di Slay che per errore del buon Sam. Matt Prater, che prima l’aveva pareggiata, la vince con un calcio di 40 yard (16-13). Prater è 25 su 25 in carriera nei FG per vincere o pareggiare una partita. La pareggiò “all’andata” con un miracolo, la vince con un calcio di ordinaria amministrazione. Il vero MVP, di entrambi i team, di mestiere fa il kicker. Il che la dice lunga… No, continuo a non essere convinto dei Lions.

TRASH TALK – Sullo scontro fra Dallas Cowboys e Washington Redskins (31-26) si è già scritto molto e non vale la pena ripetere quanto già detto. La partita nella partita è stata quella giocata fra Dez Bryant e Josh Norman. Partiamo dai numeri: Dez ha totalizzato 5 ricezioni (tre di esse contro Norman) per 72 yard senza TD, mentre il l’ex Panther ha chiuso con 4 placcaggi senza intercetti. Le consuete scaramucce fra due maschi alfa non si sono  limitate al campo, ma sono proseguite nel dopo-gara. Microfono a Bryant: “First off, Washington needs to get their money back from Josh Norman.” Punto a Dez. Norman in offseason ha firmato un contratto da 5 anni a $75M, ma francamente fin qui è più evidente il buco che ha lasciato in Carolina che l’upgrade che ha portato a DC. In queste parole, fra l’altro, c’è anche un’eco di quanto dichiarato dallo stesso corner appena un anno prima; dopoché i Panthers regolarono i Cowboys bryant-norman-112916-usnews-getty-ftr_1b52bsd9o992p1bnk6kiukxwrv.jpgnella partita del Thanksgiving 2015, Norman disse che Dallas avrebbe dovuto riprendersi i $70M spesi per Dez, dopo averlo tenuto a sole due ricezioni per 26 yard. Classica sparata che un anno dopo è tornata a mordergli il sedere. Va detto però che Norman ha il numero di targa di Dez: in tre partite giocate faccia a faccia, il WR ha un totale di 4 ricezioni su 12 lanci e la miseria di 38 yard accumulate, senza TD. Punto a Josh. Il neo-Redskin ha bene in mente queste statistiche, tanto che a fine partita, rispondendo ai cronisti ha affermato: “It’s like I’m trash, and he beat me all day. I just don’t get it. […] We’ve played the game three times already, and my numbers speak for themselves. He can go cry, holler, hoot, whatever he wants to do. At the end of the day, like I said, zero touchdowns.” Personalmente, mi piace quando due teste calde in campo si scontrano come treni in corsa e al tempo stesso utilizzano il mind game per entrare sotto pelle all’avversario. Al tempo stesso, il puntare i riflettori troppo sul singolo fa perdere di vista il quadro generale. Per esempio, com’è stato possibile che Kirk Cousins abbia lanciato per 449 yard e 3 TD, che in totale fanno 505 yard accumulate dai Redskins senza una singola palla persa… e abbiano comunque perso la partita?

FIDEL-TÀ ALLA CAUSA – Di questi tempi, quando Colin Kaepernick calca i campi da football, l’interesse principale della stampa risiede in tutto ciò che non ha nulla a che fare con lo sport. Nello specifico, una fetta corposa dell’intervista domenicale post-partita di Kap ha riguardato la pseudo-difesa di Kap di Fidel Castro, deceduto il giorno prima, il tutto mentre il QB indossava sotto la giacca una t-shirt di Malcom X. Ovviamente la notizia ha occupato parte dei giornali sportivi serali e del lunedì dopo. Lungi da questa rubrica entrare in questioni politiche, ma si è di nuovo persa l’occasione di parlare di football. In precedenza, si era detto di come la protesta di Kap fosse diventata una storia più grande della fallimentare campagna dei San Francisco 49ers targati coach Kelly, grande abbastanza da adombrarne gli insuccessi.colin-kaepernick.jpg Stavolta, le idee politiche del QB hanno in larga parte fatto passare in secondo piano la prova gagliarda del #7 sul campo dei Miami Dolphins: Kap ha chiuso 29 su 46 per 296 yard, 3 TD e 1 INT (sfortunato), oltre che 113 yard su corsa. Quando un solo essere umano produce 409 yard di solito si parla delle sue giocate, delle letture e degli schemi. Invece, nuovamente si è voluto dar peso alle sue idee storiche e politiche. Non è mia intenzione zittire Kap, che ha anzi il pieno endorsment di corner3swish, ma se ogni tanto si potesse parlare anche di football giocato, non sarebbe male. Chessò io, per esempio del fatto che i Niners hanno perso 10 partite filate e potrebbero finire 1-15 e comunque non avere la prima scelta del prossimo draft. Però poi magari domenica prossima, anziché parlare della gara coi Bears, qualche giornalista interrogherà Kap sulla situazione palestinese o sulla Turchia di Erdogan, e tanti saluti al resto. (Finisce anche che ci casco pure io: non era un pezzo strettamente sulla partita, ma per la cronaca Miami ha vinto 31-24 fermando proprio Kap a 2 yard dal TD del pareggio nell’ultima giocata della partita.)

NO-W-EMBRE – È prassi comune fra gli addetti ai lavori affermare che il vero football si gioca dopo il Ringraziamento, ovvero che nel mese e spiccioli di stagione regolare che resta, di solito si capisce chi è pronto a fare il salto di qualità e chi invece si scioglie come neve al sole. Alcune squadre NFL devono aver preso fin troppo sul serio questa prassi: Browns, 49ers, Bears, Jags, Jets e Bengals hanno concluso il mese di novembre con un record combinato di 0-21. I Browns sono – non da ieri e non solo fino a domani – la barzelletta principale della lega, quest’anno in particolare essendo in buona carreggiata per pareggiare il record di futilità dei Lions 2008 che finirono 0-16. La buona notizia è che a dicembre una fra Niners e Bears vincerà, visto che si affronteranno domenica. Jeff-Fisher-banner.jpgA meno che non pareggino. Pareggio che resta l’ultimo “risultato utile” dei Bengals di coach Lewis. I Jags sono forse gli ospiti più inattesi di questo mesto sestetto, visto che Bortles prometteva fuochi di artificio che per l’umidità della Florida devono essere rimasti inesplosi (JPP, fermo dove sei! Per carità, non li toccare!). I Jets non sarebbero così tragici, non fosse per il pessimo modo in cui è stata gestita la situazione QB con Fitzpatrick, Geno e Petty. Quando si parla di destini paralleli: sia Fitz che Cousins venivano da una buona stagione 2015, ma né Jets né ‘Skins se la sentivano di mettere nero su bianco un contrattone. Risultato? Fitz è imploso (ma resta il QB migliore nel roster, a dirla tutta), mentre Capt. Kirk ha conquistato il Campidoglio a suon di TD. Ah, scivolano fra le crepe di quest’angusta cella i Los Angeles Rams, la cui unica vittoria mensile era arrivata in un “pirotecnico” 9-6 proprio contro i Jets. Toh, va a finire che è per questo che coach Fisher verrà riconfermato anche l’anno prossimo!?

SANTOS SUBITO – Bella, bellissima partita nel Sunday Night fra Kansas City Chiefs e Denver Broncos. Come preannunciato, gli scontri diretti saranno la chiave per stabilire non tanto chi vincerà la division (realisticamente in mano ai Raiders), ma chi riuscirà ad arrivare ai playoff. La partita arriva al quarto conclusivo con KC avanti di sei lunghezze. Per quanto riguarda le difese, Justin Houston (KC) e Von Miller (DEN) fin lì avevano banchettato forte sugli attacchi avversari. Insieme, i due DE combinano per 19 placcaggi, 6 sack, e un fumble forzato; ma, mettendo insieme cifre molto simili, in qualche modo il contributo di uno elide quello dell’altro. Gli attacchi hanno ben figurato, ma non sono esplosi, anche perché non è nelle corde dei rispettivi QB. A far la differenza, un giocatore e una giocata. Ma andiamo per gradi. Siemian con due TD in quattro minuti porta avanti i suoi, ma Tyreek Hill pareggia per i Chiefs. È lui il giocatore-chiave cui facevo riferimento: la ricezione in TD è la terza segnatura della sua giornata, dopo un TD su corsa e uno su kick return (il primo a riuscire in questa tripletta dal 1965). Si va in overtime, dove i kicker McManus e Santos si scambiano 3 punti per la nuova parità a 27. Con 1:08 da giocare e la palla in mano, coach Kubiak si CHIEFSBRONCOS2 112716 DRE 4368f.jpggioca il FG da 62 yard (-1 dal record di sempre in NFL) con McManus. Si sa, a Denver l’aria rarefatta aiuta spesso le prestazioni dei kicker, ma col freddo pungente della tarda sera di Denver ad influire sia sulla durezza del cuoio che sui muscoli di McManus la chiamata sembra subito discutibile. Anche perché, se non converita, lascia la palla a KC sulle 48 e abbastanza tempo sul cronomentro per vincerla. Cosa che infatti è poi accaduta. Nonostante la pioggia di critiche riversatasi su Kubiak, io vado controcorrente: la sua scelta mi trova d’accordo, in primis perché McManus ha un curriculum di tutto rispetto da 50+ yard (7 su 11 negli ultimi due anni). Inoltre, quali erano le alternative? A) calciare un punt, che avrebbe significato il pareggio nella migliore delle ipotesi B) lanciare su 4° e 10, ma se un passaggio completo non significa per forza punti, un incompleto significa comunque lasciare palla a KC. L’opzione C) Calciare non ha però prodotto frutti. Anzi, sul rovesciamento di fronte, drive corto del ragioniere Alex Smith che porta in posizione di lusso Cairo per il FG della vittoria, da 34 yard. Il calcio si rivela tutt’altro che agevole: clamoroso palo-gol, la cui suspence è immortalata in questa bellissima foto in alto. Il “calcio” è strano, Beppe!

GIGANTI DAI PIEDI D’ARGILLA? – Sono credibili questi New York Giants e le loro sei vittorie consecutive? Ni. Vincere sei partite di fila in NFL non è mai una cosa facile, questo va detto in partenza. Ma in un campionato tanto scarso come quello 2016, andrebbero valutati meglio certi dati prima di esaltare il Manning minore. In questo mese e mezzo i G-men hanno sconfitto nell’ordine Ravens, Rams, Eagles, Bengals, Bears e Browns, squadre che “vantano” un record complessivo di 20-46-1, che scende a 5-28 se isoliamo le ultime tre. Miami cavalca una striscia aperta di successi equivalente, ma è da molti vista come una sorta di frode, sebbene le squadre battute abbiano un record leggermente migliore, ossia 25-41. beckham_mannin.jpgSe la squadra newyorkese sarà in grado di confermarsi al top anche contro Steelers, Cowboys e Lions – tre prime in classifica delle rispettive conference col record complessivo di 23-10 – allora anche quest’anno, zitti zitti i Giants entranno da underdog ai playoff. E sappiamo di solito come va a finire quando ciò accade. Domenica hanno battuto, senza strafare, i derelitti Cleveland Browns (27-13), grazie a un Odell Beckham Jr da 96 yard e 2 TD e a un fumble ritornato in TD da JPP. Mentre nei Browns continua l’altalena fra i QB Kessler-McCown, torna a far parlare di sé anche Robert Griffin III. Non tanto per la sua intenzione di tornare in campo prima di fine anno (cosa mai potrebbe andare storto?), ma perché un parcheggiatore dei Browns gli avrebbe rubato dei contanti che RGIII aveva lasciato nel cruscotto della macchina. Non vinceranno mai, ma quante soddisfazioni danno questi Browns!

BEST OF THE WEST vs BEAST OF THE EAST – Buttando uno sguardo generale alle otto division, emergono due realtà contrastanti. Da una parte, esistono squadre che dominano incontrastate la propria division perché troppo più forti delle rivali -Pats, Seahawks e Falcons – e dall’altra squadre al top più che altro per mancanza di alternative credibili – Ravens, Texans e Lions. Quello che resta, sono le due division a mani basse più forti della lega, AFC West e NFC East. Partiamo dall’ovest, Collage.jpgdove gli Oakland Raiders, col successo rocambolesco contro i Panthers si sono assicurati la prima stagione sopra .500 dal 2002 e comandano la propria division per 9-2. Ma occhio a non far partire il tappo dello champagne prematuramente! A una partita di distanza inseguono i Chiefs, il cui record di 8-3, unito a sei vittorie nelle ultime sette partite, non permette distrazioni ai capoclassifica. E subito dietro troviamo i Broncos a 7-4, regolati domenica proprio da KC, ma pur sempre campioni in carica. E la storia insegna a non sottovalutare il cuore di un campione. I Chargers, fuori dai giochi, ma sempre ostici, hanno ancora una partita coi Chiefs e una coi Raiders: potrebbero fungere da jolly che fa saltare il banco. Spostandoci a est, troviamo abbastanza comodamente sul trono i Dallas Cowboys, dall’alto del loro 10-1, pur in una division in cui, prima della sconfitta nel Monday Night, pure gli Eagles potevano coltivare sogni di gloria. Restano più che mai alte le quotazioni dei già citati Giants a 8-3 e dei Redskins a 6-4-1, che prima della battaglia di Arlington avevano raccolto sei successi in otto tentativi. Detto che non c’è un limite al numero di squadre di una singola division che può qualificarsi ai playoff, chi ha le maggiori possibilità? Collage_2.jpgI Broncos, che ad oggi non sarebbero qualificati, hanno solo Jacksonville come partita facile fra quelle restanti, ma poi dovranno giocare nella rognosa Tennessee, ospitare i Pats, per poi finire la stagione con due scontri divisionali: prima viaggiando all’Arrowhead Stadium, poi ospitando i Raiders. Salvo collassi altrui (KC mi resta sempre abbastanza sospetta), i Broncos guarderanno i playoff in tv a gennaio. In NFC East, coi ‘Boys che dormono sonni tranquilli, i Redskins hanno il calendario più agibile, ma lo scontro di week 17 contro i Giants potrebbe essere un dentro o fuori al cardiopalmo. Sì, ma alla fine qual è la division più forte? Dovessimo mettere insieme la “nazionale” delle rispettive conference, forse una difesa con Mack-Houston-Miller-Talib-Berry domerebbe l’attacco stellare Prescott-Elliott-Jackson-Bryant-Beckham, ma in un testa a testa fra Cowboys e Raiders, ovvero la crème delle rispettive division, credo che l’attacco esplosivo texano non avrebbe pietà della fragile secondaria californiana, pur in una gara complessivamente ad alto punteggio.

MVProf

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *